Come sfruttare l’insulina per incrementare la massa muscolare

Il nostro campione, Francesco Crisafulli, spiega il rapporto carboidrati-energia; come sfruttare l’insulina per incrementare la massa muscolare, prestando attenzione a come, a quanto e a quando assumere determinati carboidrati.

Questo breve trattato vuole fare un po’ di chiarezza sullla corretta metodica alimentare con uno sguardo in più all’ indice glicemico ed alla stimolazione naturale dell’insulina.

Oggi vorrei spiegare come si può sfruttare l’IG (indice glicemico) in chi pratica dell’attività sportiva e che cerca di trarre il massimo da ogni aiuto che gli si presenta.

Per iniziare, possiamo dire che un miglioramento nell’utilizzazione dei carboidrati ottenuto tramite la manipolazione alimentare e l’utilizzo degli indici glicemici, può portare non solo ad un miglioramento, ma anche ad un aumento della massa corporea senza accumulo di grasso, nonché ad un calo delle frazioni lipidiche nel sangue, con conseguente riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari. La scarsa tolleranza ai carboidrati, si traduce nella difficoltà a recuperare le energie una volta terminato l’allenamento ed a ricreare la riserva di glicogeno nei tessuti muscolari, nonostante l’esercizio fisico provochi un miglioramento della capacità di trasporto ed utilizzazione di glucosio (non solo da parte dei muscoli, forse perché quest’ultimo effetto è transitorio). Cominciare l’allenamento con una quantità di glicogeno limitata, implica una notevole difficoltà nel portare a termine allenamenti intensi, figuriamoci per chi si cimenta in gare agonistiche che durano ore (ciclismo, maratone, ecc..).

Le conseguenze di depauperamento delle riserve di glicogeno possono avere effetti dannosi in quanto si può favorire la produzione di ormoni catabolici. In sostanza, se le riserve di glicogeno sono già scarse prima di affrontare l’allenamento, l’organismo dovrà affidarsi all’azione degli ormoni dello stress per trovare le energie che permettano di portare a compimento l’attività. Il problema maggiore è che questi “cata-ormoni” dello stress continuano a rimanere in circolo anche dopo aver terminato l’allenamento e possono rimanervi anche dopo aver consumato un pasto che psicologicamente ci fa presupporre di aver recuperato e ripristinato le energie spese (niente di più sbagliato). L’aumento del cortisolo, portato a livelli tali che l’organismo deve affidarsi a lui per trarre energia, influenza negativamente l’elaborazione e l’utilizzazione dei nutrienti introdotti con l’alimentazione, anche a distanza di sei ore dalla fine dell’allenamento.

In aggiunta, il cortisolo, genera resistenza all’insulina e influisce sulla tolleranza ai glucidi. Per quanto riguarda il pasto precedente l’impegno fisico, solitamente si consiglia di assumere, approssimativamente un’ora prima, dei carboidrati; se, però, l’organismo non è in grado di utilizzarli in modo efficace, si può avere un innalzamento rapido dei livelli di glucosio, dannoso sia per l’attività (con conseguente rebound e calo delle prestazioni), sia per l’organismo stesso. E’ proprio in questi soggetti che può rilevarsi ottima la scelta di alimenti con indici glicemici moderati o bassi. Abituandosi ad un regime alimentare corretto e ad uno stile di vita idoneo lo sportivo, che prima soffriva di mal tolleranza glucidica, potrà migliorare il suo metabolismo con conseguente aumento della capacità di ricostituzione delle riserve di glicogeno ed una diminuzione nella secrezione degli ormoni dello stress indotti dall’allenamento.

Il risultato finale comporta un miglioramento della ritenzione di azoto (anabolismo) ed un rimodellamento verso un corpo più snello. Ribadisco che l’attività sportiva è uno dei metodi più efficaci per aumentare la tolleranza ai carboidrati. Nelle due ore che seguono l’allenamento, il trasporto di glucosio nei muscoli aumenta ed è ormai pratica comune assumere un pasto contenente una elevata quantità di carboidrati appena terminato lo sforzo fisico. Questi consentono una rigenerazione del glicogeno più efficace, interrompono la gluconeogenesi e riducono la secrezione del cortisolo. Adesso arriva il nodo al pettine: chi possiede una normale tolleranza ai carboidrati può assumere questo pasto non facendo attenzione al tipo di carboidrato ingerito, in quanto ha una metabolizzazione ottimale; il problema è per lo sportivo che possiede una minore capacità di utilizzare questi zuccheri introdotti (anche se parzialmente aiutato dall’attività fisica appena svolta) in quanto i livelli di glucosio nel sangue potrebbero elevarsi repentinamente rispetto alla capacità di utilizzazione dei tessuti, con la possibilità che questo si depositi come grasso e non come glicogeno. Per questi soggetti, è consigliabile assumere un pasto con alimenti a medio indice glicemico o, se proprio se ne assumono ad elevato IG, devono avere l’accortezza di diluire l’ingestione in tempi più lunghi o più frazioni. Per quanto riguarda la quantità (parametro che ha un’influenza non trascurabile), deve essere stabilita in base a prove di tollerabilità effettuate su singolo soggetto.

Mangiare più lentamente e consumare più spesso piccoli pasti riduce efficacemente la risposta glicemica di qualsiasi tipo di carboidrati. Ingerire 50g di glucosio in una sola volta provoca un innalzamento della glicemia a cento mentre assumendo la stessa quantità di glucosio nell’arco di un’ora avremo una minore risposta glicemica e farà somigliare questo carboidrato ad uno con un indice sicuramente inferiore.

(fonte: Wikimedia – autore: P. Forster)

Gli integratori di fibre solubili sono utili nel ridurre la risposta glicemica causata dall’assunzione di cibi con elevato IG perché ne rallentano la digestione e l’assorbimento. Ciò non significa che gli integratori possono sostituire gli alimenti naturali, ma solo che la loro utilizzazione può risolvere determinati problemi di carenze o intolleranze. Termino questo argomento, a mio avviso interessante, dicendo che esistono molte persone che, pur non rendendosene conto, possiedono una mal tolleranza ai carboidrati e che, seguendo diete ricche di questi nutrienti e povere in grassi, possono incorrere in spiacevoli sorprese. In questi casi è bene optare per quegli alimenti a basso o medio IG (sempre in relazione alla composizione del pasto) che possono favorire un utilizzo ottimale delle energie a disposizione ed ottimizzare tutti i processi metabolici dell’organismo che non si ritrova più in uno stato di handicap funzionale.

Francesco Crisafulli,
Personal Trainer e 2 volte campione Italiano F.I.P.C.F. CONI.

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