Il Fegato : esplorazione funzionale

Tutte le funzioni del fegato sopra ricordate sono state utilizzate per la messa a punto di diverse prove conosciute con il termine di funzionalità epatica.

Tra queste ricordiamo: la determinazione della bilirubinemia, l’elettroforesi delle proteine sieriche, le prove di labilità colloidale, lo studio dell’attività protrombinica, la determinazione di alcuni enzimi, la prova di carico con tetrabromosulfonftaleina, la prova di carico con alcuni zuccheri, la colesterolemia; a parte vanno considerate la biopsia epatica e la scintigrafia. Il dosaggio nel sangue della bilirubina esplora il metabolismo dei pigmenti biliari.

La bilirubinemia si divide in totale, diretta ed indiretta; normalmente il tasso di bilirubina totale oscilla tra 0,50 e 0,90 mg %, ed è rappresentata quasi esclusivamente dalla quota indiretta cioè della bilirubina non coniugata dal fegato.

I termini di diretta ed indiretta si riferiscono alle modalità di reazione del siero di sangue con il reattivo di diazonio (reazione di Van Den Bergh): la diretta reagisce con il sale dando un colorito roseo, l’indiretta reagisce dopo che il siero di sangue è stato trattato con alcool. Nel primo caso, vuoi dire che, se vi è aumento di bilirubinemia, questo è dovuto all’eccesso di bilirubina già coniugata con acido glicuronico nella cellula epatica, nel secondo caso, si tratta di un aumento di bilirubina non coniugata cioè libera. La capacità di metabolizzare da parte del fegato la bilirubina può essere studiata iniettando per via venosa una certa quantità di bilirubina allestita da un prodotto commerciale. Con l’elettroforesi delle proteine sieriche e le cosiddette prove di labilità colloidale, si esplora il metabolismo proteico; con questa indagine è inoltre possibile ottenere il frazionamento delle varie proteine del siero, facendole migrare su carta in un campo elettrico. Le proteine del siero hanno la seguente composizione percentuale: albumine 50%, globuline alfa1 7%, globuline alfa2 9%, globuline beta 14%, globuline gamma 20%. Poiché le albumine vengono sintetizzate dal fegato e le globuline in parte dal fegato ed in parte dai linfociti e plasmacellule, in particolar modo le gamma, ne deriva che nelle gravi malattie epatiche il quadro elettroforetico si modificherà nel senso di una diminuzione delle albumine, mentre si avrà un netto aumento delle gamma globuline, espressione di reazione mesenchimale ed aumentata sintesi di anticorpi. Pertanto le cosiddette prove di labilità colloidale risentono essenzialmente della composizione percentuale delle proteine sieriche. Ne deriva che queste prove non sono collegate specificamente alla funzionalità epatica, in quanto saranno positive in tutte quelle affezioni che comportano delle modificazioni del protidogramma, indipendentemente dallo stato della cellula epatica. Purtuttavia, rivestono sempre una certa importanza per il loro particolare comportamento nelle diverse affezioni del fegato. Le più comuni sono:

la reazione di Takata, quella di Gros, di Hanger, di Kunkel, di Weltmann, e di Wunderly-Wuhrmann. Maggiore importanza assume la determinazione del tempo di protrombina, che esplora la sintesi epatica della protrombina e dei fattori V, VII e X della coagulazione. Per la formazione di questi è anche indispensabile la presenza di vitamina K, che, come è stato ricordato sopra, promuove la trascrizione di un RNA messaggero specifico che trasporta l’informazione genetica al citoplasma dove dovrà avvenire la sintesi ·dei fattori della coagulazione e della protrombina. E’ chiaro che il mancato assorbimento di vitamina K, per ostacolato deflusso biliare nel duodeno, o una grave compromissione della cellula epatica, si ripercuoterà negativamente sullo svolgimento del normale processo di coagulazione, per deficienza della protrombina e dei fattori V, VII e X. E’ a conoscenza di tutti che il principale dato di laboratorio in corso di epatite virale, è rappresentato dall’aumento delle transaminasi nel siero di sangue. Sono questi degli enzimi che catalizzano alcuni processi di transaminazione che avvengono nella cellula epatica, nel miocardio ed in altri organi, mentre nel siero di sangue normalmente si trovano in modesta quantità (15-30 U W). L’aumento di questi enzimi nel siero sta a significare una necrosi cellulare e precisamente, nelle affezioni epatiche che si accompagnano a necrosi cellulare, aumenta essenzialmente la transaminasi glutammico-piruvica, mentre, in caso d’infarto cardiaco, si ha un prevalente aumento della glutammico-ossalacetica. Tra gli altri enzimi che assumono importanza nelle effezioni epatiche ricordiamo: la fosfatasi alcalina che aumenta notevolmente in caso di itteri ostruttivi; l’ornitin-carbamil transferasi che aumenta nella prima settimana dell’epatite virale, l’aldolasi, che ha un comportamento analogo all’enzima precedente e le esterasi, che diminuiscono nelle gravi epatopatie. La funzione escretrice del fegato viene esplorata per mezzo della prova da carico con bromosulfonftaleina. Questa sostanza, iniettata per via endovenosa, viene trasportata al fegato legata alle albumine, qui viene coniugata con il glutatione e la cisteina e successivamente viene eliminata con la bile. In un fegato normale entro 45 minuti dalla somministrazione, sarà quasi totalmente eliminata e nel sangue dei soggetti si trova una concentrazione della sostanza inferiore al 5% del totale. Questi valori sono aumentati in due casi: o per mancata escrezione del colorante o per ostacolo di penetrazione nella cellula epatica. Attualmente caduta in disuso, la prova di carico con alcuni zuccheri, e precisamente con il galattosio, veniva utilizzata per l’esplorazione del metabolismo glucidico. Normalmente il galattosio viene trasformato in glucosio dalla galatto-transferasi e, nel sangue, dopo un certo periodo di tempo, il contenuto in galattosio ritorna normale. Nelle epatopatie croniche, per la compromissione della capacità della conversione in glucosio, si ha un aumento della galattosemia e comparsa di galattosuria. Anche la determinazione della colesterolemia totale e frazionata può fornire ragguagli sullo stato funzionale del fegato, poiché il colesterolo viene sintetizzato nella cellula epatica a partire dall’acetil-coenzima A, e, successivamente, in parte esterificato con acidi grassi. Il colesterolo totale aumenta nei casi di ostacolo al deflusso biliare (itteri ostruttivi) e diminuisce nelle gravi affezioni del fegato, in cui pure si ha una riduzione del rapporto tra la parte esterificata ed il colesterolo totale. A queste comuni prove tendenti a mettere in evidenza lo stato funzionale dell’epatocita, si aggiungono altre due che in questi ultimi tempi hanno assunto notevole importanza e per mezzo delle quali è possibile venire a conoscenza della morfologia della cellula epatica in condizioni normali e patologiche. Si tratta della biopsia e della scintigrafia epatica. La biopsia si pratica con un particolare ago, è assolutamente priva di pericoli, e permette di esaminare al microscopio un preparato istologico ottenuto da un frustolo di tessuto epatico asportato. Anche la scintigrafia epatica si è dimostrata di notevole interesse ed è di facile attuazione. Si pratica iniettando endovena il rosso bengala marcato con J131, oppure l’oro colloidale marcato con Au198. Normalmente si ottiene una mappa epatica scintigrafica con una distribuzione uniforme della sostanza; nelle epatiti croniche, nelle cirrosi, nelle necrosi, si avranno delle immagini con eventuali lacune, disomogeneità di captazione ed altre deformità. Nelle cirrosi, oltre ad una scarsa ed irregolare captazione epatica, si avrà la distribuzione della sostanza radioattiva nel parenchima splenico. Ricordiamo infine che è possibile prendere visione diretta della superficie epatica, per mezzo della laparoscopia, che si attua mediante un particolare apparecchio ottico introdotto nella cavità addominale, attraverso una piccola incisione dei muscoli addominali. Quando il fegato non è capace di assolvere sia pure in parte alle sue varie funzioni, si manifestano quei quadri clinici conosciuti con il termine di insufficienza epatica. In base alla gravità si distinguono una piccola ed una grande insufficienza epatica; la piccola insufficienza epatica è sostenuta da una moderata riduzione dell’attività del fegato, ed è caratterizzata da: digestione laboriosa, flatulenza, sonnolenza post-prandiale, intolleranza a determinati cibi, specie ai grassi, fritti, particolare sensibilità agli alcolici; sovente cefalea, turbe dell’alvo che tende verso la stipsi, al mattino bocca impastata, periodi di astenia e di instabilità del carattere. Tutte queste manifestazioni, in linea di massima, sono transitorie, ma tendono sempre a ripresentarsi in occasione di disordini alimentari, eccessivi strapazzi, stress emotivi. La grande insufficienza epatica si osserva nella fase terminale di alcune epatopatie croniche, o anche in gravi epatiti acute, e molto frequentemente sfocia nel coma epatico. Dal punto di vista sintomatologico si distingue un primo stadio caratterizzato essenzialmente da eccitazione, ed un secondo in cui domina la depressione. Il primo periodo, o dell’eccitazione, è dominato dall’anoressia, astenia, stato confusionale, irritabilità, tremori prevalentemente localizzati agli arti superiori, tendenza alla rigidità muscolare. Questo primo stadio può essere reversibile, oppure in breve tempo può trapassare nel secondo stadio che si contrappone al primo per lo stato simil soporoso del paziente. Questo è assente, ma risponde, sia pure in modo vago, se viene interrogato, l’alito è sgradevole (foetor hepaticus), i tremori muscolari sono accentuati, la cute è secca, le mucose visibili sono ricoperte da crosticine ematiche per piccole emorragie; gradatamente la situazione precipita sfociando nel coma. L’ammalato è in pieno stato soporoso, non reagisce agli stimoli, le pupille sono dilatate, compie dei movimenti incoordinati ed afinalistici, nella fase terminale interviene il collasso cardio-circolatono e l’exitus. In certi casi, con idonea terapia, il coma epatico può regredire, come per esempio quando sia provocato da tossici di origine intestinale; in altri, laddove esiste una grave sofferenza epato-cellulare, si conclude con la morte. Il fegato come tutti gli altri organi può andare incontro: ad alterazioni del circolo sanguigno, a fenomeni degenerativi, necrotici ed atrofici, a fenomeni infiammatori acuti e cronici, a fenomeni di sclerosi che in questo organo assumono degli aspetti peculiari, a neoformazioni di natura benigna e maligna, I disturbi di circolo possono essere sostenuti da una stasi venosa acuta o cronica, o da uno stato d’ipertensione portale. La stasi venosa è sempre conseguenza di una insufficienza cardio-circolatoria di tipo destro per gravi affezioni cardiache, o cardio-polmonari o per pericardite adesiva. Nella forma acuta, il fegato si presenta aumentato di volume, con margini arrotondati e capsula tesa; la superficie di taglio è di colorito cianotico, con disegno lobulare accentuato le cui zone centrali sono depresse, di colorito rosso, circondate da alone più chiaro. Istologicamente spicca la dilatazione delle vene sottolobulari e centrolobulari. Nella stasi cronica, l’organo è ridotto di volume, con capsula ispessita e margini assottigliati. Alla superficie di taglio, si osserva il quadro cosiddetto di fegato a noce moscata, per l’alternarsi di zone rosso scuro con zone di colorito giallastro. Dal punto di vista microscopico si nota una dilatazione delle vene centrolobulari in prossimità delle quali mancano le cellule epatiche, mentre quelle limitrofe presentano infiltrazione grassa. Nei gradi estremi, la parte periferica dei lobuli viene ad essere circondata da tralci fibrosi. La sintomatologia è quella della affezione fondamentale che ha causato la stasi. I disturbi di circolo conseguenti ad ipertensione portale, col tempo, portano alla cirrosi epatica di cui si dirà in seguito.

Tessuto epatico al microscopio. Notare la forma grossolanamente esagonale delle cellule. A destra una cellula epatica nel dettaglio.

 

VEDI ANCHE:
Il fegato: costituzione anatomica
Il fegato: le funzioni
Il fegato: la bile
Il fegato: fenomeni degenerativi

 

Un rigraziamento speciale
all’ autore e redattore dell’ articolo: Enrico De Stefani

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