Fumo e Sport

SPORT SENZA FUMO, GIOCA PULITO

Sport vuol dire vita. L’esercizio fisico aiuta, infatti, a raggiungere un migliore stato di benessere sia fisico che psichico, ispira libertà e anche bellezza e divertimento. Al contrario, il fumo di sigaretta e il consumo di tutti i prodotti a base di tabacco sono causa di malattia e di morte.

Il fumo di sigaretta, infatti, è oggi la principale causa di malattia e di morte nella maggior parte dei Paesi sviluppati, provocando ogni anno – in tutto il mondo – circa 4 milioni di morti premature. Le stime dell’OMS prevedono che, per l’anno 2030, il tabacco ucciderà oltre 10 milioni di persone, molte di più delle vittime dell’HIV, della tubercolosi, degli incidenti stradali, dei suicidi e degli omicidi messi insieme.

Solo nel nostro Paese i fumatori al di sopra dei 15 anni sono circa 14 milioni, la maggioranza dei quali inizia prima dei 21 anni e consuma tra le 11 e le 20 sigarette al giorno. In Italia, il tabacco è il responsabile di circa il 30% di tutte le morti per tumore, ovvero 45.000 decessi ogni anno.

Ad esse, si sommano 8.000 decessi l’anno per cause legate al fumo passivo, 10.000 morti per bronchite cronica ed enfisema polmonare ed un numero non trascurabile di decessi per infarto miocardico e altre patologie cardio e cerebro-vascolari. Si calcola che in Italia muoiano, complessivamente, ogni anno 83.000 persone per cause legate al fumo e uno ogni sei/sette decessi sia dovuto al tabacco. Secondo l’Istat, nel 2000, almeno quindici milioni e mezzo di persone (il 27,4 % della popolazione italiana con più di tre anni) hanno praticato uno sport e oltre dieci milioni lo hanno fatto con continuità. Nel nostro Paese, gli sport più praticati e diffusi sono, per gli uomini, il calcio e il calcetto (38,6 %), il nuoto (12,4 %), la ginnastica (13,3 %). Per le donne, invece, ginnastica e danza (51,6 per cento) e nuoto (24,1 per cento). Il nuoto, inoltre, è anche lo sport maggiormente praticato dai bambini fra i tre e i cinque anni. Chi fa sport, e ci tiene a farlo al massimo delle proprie capacità, non può fumare: il fumo, infatti, incidendo negativamente sul fiato e il rendimento muscolare, è causa di un minore rendimento sportivo. Purtroppo però i grandi eventi sportivi diventano per le multinazionali del tabacco un potente canale pubblicitario. I Mondiali di calcio, come i tornei internazionali di tennis, le regate di Coppa America o i gran premi di Formula 1 hanno, infatti, il potere di catalizzare, in ogni parte del mondo, l’attenzione di milioni di persone. Per capire la portata del fenomeno, una recentissima indagine continuativa sulle potenzialità degli eventi sportivi e il valore delle sponsorizzazioni promossa da StageUp.com e TNS Abacus ha calcolato che, in Italia, 32 milioni di persone si interessano di sport. Sponsorizzando eventi sportivi tanto seguiti, i produttori di tabacco guadagnano, così, centinaia di milioni di dollari l’anno (più o meno la stessa quantità di denaro che Stati e governi devono stanziare per combattere le malattie conseguenza del fumo), le federazioni sportive incassano i soldi degli sponsor, mentre tifosi e spettatori vengono ingannati e danneggiati. Le marche di sigari e sigarette sulle magliette degli sportivi e negli spazi pubblicitari degli stadi sono portatrici di veri e propri messaggi subliminali per gli spettatori seduti sugli spalti e per quelli incollati agli schermi televisivi. Indotti a credere che il fumo non sia poi così pericoloso se è una competizione sportiva a farsene promotrice. La verità, invece, è che fumo e sport sono inconciliabili, per due ordini di motivi. Perché il fumo altera pesantemente ogni performance sportiva e perché “l’esercizio fisico non protegge in alcun modo dal rischio che un fumatore abituale ha di ammalarsi di cancro al polmone”. Come ha affermato Lisa Colbert del National Cancer Istitute di Bethesda (USA), dopo aver tenuto sotto controllo per dieci anni 27 mila uomini tra i 50 e i 69 anni, che tra il 1985 e il 1988 hanno fumato almeno cinque sigarette al giorno. Più della metà del campione aveva dichiarato di praticare attività fisica, che però non ha preservato 1.442 di loro dal contrarre un tumore al polmone. Le case produttrici si difendono sostenendo che la loro pubblicità mira unicamente alla vendita di una marca piuttosto che di un’altra e che non influenza in alcun modo il consumo di tabacco. Numerose ricerche tuttavia hanno rivelato che la sponsorizzazione favorisce il reclutamento di nuovi fumatori e aumenta la quantità di fumo assunta da chi ne è già dipendente. E la cosa più grave è che i nuovi arruolati sono quasi sempre giovani e giovanissimi: dai 9 anni in su, senza alcuna distinzione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo. Bastino alcuni esempi. Nel 1996, una compagnia indiana associata alla British American Tobacco (BAT) divenne lo sponsor dell’Indian World Cup Cricket. Il risultato fu che l’abitudine a fumare tra i teen agers indiani aumentò di cinque volte. Nel 2000 un’indagine della BBC in Gambia scoprì che la BAT aveva distribuito sigarette della “Benson & Hedges” durante i campionati di beach volley organizzati dai ragazzi in vacanza scolastica. In Colombia, nello stesso anno, si potevano trovare in gran quantità cartelloni e striscioni della Marlboro dove si svolgevano le gare di go-kart, uno sport praticato soprattutto dagli adolescenti. Ma le cose stanno cambiando. Il mondo dello sport ha capito di poter vivere anche senza i soldi delle multinazionali del tabacco, e di poter fare molto per il bene delle future generazioni. Dando di sé un’immagine pulita, senza lasciare spazio a mistificazioni e superficialità. Per questo nel corso degli anni le federazioni sportive hanno promosso manifestazioni e campagne contro il fumo e i “divi” dello sport si sono fatti ambasciatori di uno stile di vita “smoke-free”.

Tabacco e sponsorizzazioni sportive

La storia delle sponsorizzazioni sportive delle multinazionali del tabacco, legate ad eventi motoristici, ha inizio alla fine del 1967 quando il CSI, organismo che supervisiona le attività della FIA (Federazione Internazionale dell’Automobilismo), consente la pubblicità sulle auto da corsa per creare nuove opportunità finanziarie per la Formula 1 in espansione. Il primo a legarsi ad una azienda di sigarette è Anthony Colin Bruce Chapman, patron della Lotus Engineering Co. Ltd, che firma un contratto con la Imperial Tobacco come sponsor della sua scuderia per il 1968. Inizia così la storia della dipendenza economica della Formula 1 dalle industrie del tabacco e il verde inglese delle prime Lotus lascia spazio ai colori della Gold Leaf e successivamente al giallo oro e nero delle John Player Specials. Grazie alle sponsorizzazioni dei campionati di Formula 1, del motomondiale o anche di singole manifestazioni motoristiche che si svolgono in tutto il mondo, le case produttrici di tabacco riescono ad aggirare il divieto di reclamizzare prodotti nocivi per la salute come le sigarette, diffondendo, però, la conoscenza dei loro marchi. La carrozzeria e gli alettoni di vetture e moto diventano potenti cartelloni pubblicitari per le sigarette. E il perché le multinazionali del tabacco scelgano di sponsorizzare gli eventi sportivi si capisce dalla recente rilevazione di StageUp e Tns Abacus sull’eco mediatica dei principali eventi sportivi. Dall’indagine è emerso, infatti, che in Italia gli eventi che suscitano il maggiore interesse sono il Campionato di Calcio seguito da 29,5 milioni di appassionati, la Formula 1 (28,8 milioni) e, in ascesa, il Campionato Mondiale di Motociclismo (20 milioni). Alla F1, le sponsorizzazioni delle multinazionali del tabacco fruttano oltre 300 milioni di Euro ogni anno. Nonostante questo, la FIA ha però recentemente ribadito la decisione di vietare la pubblicità del tabacco nello sport automobilistico internazionale alla fine della stagione 2006. Ed è stato proprio il presidente della FIA, Max Mosley, in occasione della presentazione a Ginevra della campagna mondiale contro il tabacco, a condividere le preoccupazioni del presidente danese dell’Oms, Gro Harlem Brundtland, sui pericoli per la salute legati al fumo, annunciando di voler, in questo modo, sostenere il progetto dell’OMS sul controllo del tabacco. Mosley ha voluto anche sottolineare che né la FIA né le sue competizioni sono sostenute dai produttori di sigarette, ricordando però che il divieto di pubblicità del tabacco priverà lo sport automobilistico (scuderie, piloti, ecc.) di sostanziose sovvenzioni. Per far fronte a questa situazione, la FIA intende incoraggiare chi gareggia nello sport automobilistico a diversificare l’aiuto che riceve dal tabacco: già da quest’anno, infatti, la Federazione ha spedito una circolare alle scuderie per ricordare che partner, sponsor e patrocinatori del mondo del tabacco devono essere abbandonati e sostituiti. Un proposito, quello del divieto di pubblicità del tabacco nella F1, facile nelle intenzioni, ma sicuramente complesso da mettere in pratica. La questione, infatti, coinvolge direttamente diversi team tra i più forti, come la BAR (British American Racing) che ha in scuderia Jacques Villeneuve e il cui pacchetto di maggioranza è in mano alla British American Tobacco; la Ferrari che è sponsorizzata da Philip Morris e che ha addirittura cambiato lo stesso nome della scuderia da Scuderia Ferrari a Scuderia Marlboro-Ferrari; la Jordan, sostenuta da Benson and Hedges, la McLaren che pubblicizza la West e la Japan Tobacco che, con il marchio Mild Seven, sponsorizza Benetton. Per la FIA, inoltre, non sarà facile nemmeno far rispettare integralmente questo divieto soprattutto considerando che in alcuni paesi organizzatori di Gran Premi, come Giappone, Malesia, Ungheria e Brasile, la pubblicità delle sigarette non è vietata e, alcuni Gran Premi, come quello di Ungheria, hanno come main sponsor ditte produttrici di tabacco.

La FIFA e l’OMS insieme contro il fumo

I Mondiali di calcio sono alle porte e, per la prima volta nella storia di questo sport, negli stadi di Corea e Giappone che ospiteranno le partite sarà vietato fumare. La Fifa – Football International Federation Association – ha infatti deciso di contribuire alla lotta contro il fumo e ha aderito all’invito dell’Organizzazione mondiale della sanità, che da tempo punta sui grandi avvenimenti sportivi per le sue campagne di informazione sui rischi del tabagismo. Dopo le tante campagne contro gli spot delle sigarette sulle vetture della Formula 1 e i successi arrivati con i giochi olimpici, che da Calgary ’88 sono «tobacco free» (il divieto era in vigore anche a Salt Lake City, dove quest’anno si sono disputate le Olimpiadi invernali), la messa al bando delle sigarette si allarga al mondo del calcio. Il tabacco viene estromesso da corse, partite e incontri e la comunità sportiva internazionale si riunisce intorno all’OMS per liberare gli eventi sportivi nel mondo dal tabacco. I primi campionati del mondo «no smoking» della storia saranno inaugurati a Seul, il prossimo 31 maggio, con la sfida tra Francia, campione in carica, e Senegal. Lo stesso giorno in cui in tutto il mondo si celebra la giornata mondiale contro il fumo, organizzata dall’Oms. Con questa decisione, la Fifa, ovvero il ‘governo’ mondiale del calcio, si impegna a fare controinformazione sul tabagismo, i cui rischi sulla salute aumentano attraverso pubblicità e sponsorizzazioni. Durante i Mondiali, testimonial di questa battaglia congiunta Oms e Fifa saranno alcuni grandi campioni del pallone che lanceranno messaggi dedicati sulla prevenzione, spiegando che rinunciare alle sigarette significa adottare uno stile di vita migliore e più sano.
Le battaglie dello sport contro il fumo
Gli eventi sportivi sono importanti strumenti educativi nella prevenzione del tabagismo. Nulla è più efficace soprattutto per sensibilizzare i più giovani. Ecco, dunque, alcune occasioni in cui lo sport si è apertamente schierato contro il fumo, dalla parte della salute e del benessere:

Olimpiadi senza fumo: sin dall’inizio, nel 1896, i Giochi Olimpici vietano alle compagnie di tabacco di sponsorizzare i propri prodotti. Questa politica si rafforza nel 1988 quando il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) proibiscono il fumo in tutte le manifestazioni olimpioniche.

1992: il governo federale dell’Australia approva una legge che bandisce la sponsorizzazione del tabacco dagli eventi sportivi nazionali.

1993: L’American Cancer Society e l’Associazione Nazionale degli Istruttori di Basket danno vita alla società degli “Allenatori contro il Cancro” (nel 1999 si unisce anche l’Associazione delle Allenatrici di Basket). La società promuove programmi educativi nelle scuole e nei campi di basket, eventi a livello locale e nazionale in cui gli allenatori si fanno portavoce di uno stile di vita salutare per prevenire il cancro.

1994: Tony Rominger, vincitore in quell’anno del Giro d’Italia presta il suo nome per numerose campagne antifumo rivolte soprattutto ai giovani. Nello stesso anno, Vreni Schneider, campione olimpionico di sci, è nominato non fumatore dell’anno da un’assemblea di delegati dell’associazione svedese di non fumatori e dal gruppo connesso del Canton di Vaud.

1995: il campionato mondiale di atletica a Gothenburg è il primo evento a livello mondiale smoke-free, promosso dall’Istituto di Salute Pubblica, dall’Associazione Medica e dalla Federazione Atletica svedesi.

29 maggio 1995: i partecipanti al Giro d’Italia corrono nella tappa del 31 maggio con il divieto di fumare stampato sulla maglietta insieme al simbolo della Giornata Mondiale Senza Tabacco. A Napoli e a Lecce si svolgono due maratone “senza fumo”.

1996: La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori contesta la sponsorizzazione Marlboro per la Ferrari, con una lettera al Ministro della Sanità e al Sen. Giovanni Agnelli. Questa sponsorizzazione, secondo la LILT, vanifica tutte le iniziative contro la pubblicità dei marchi legati al tabacco.

31 agosto 1997: il CIO decide il bando della pubblicità di sigarette dalle Olimpiadi durante la trasmissione radio-televisiva delle gare. “E’ in gioco l’immagine stessa dei giochi”, sostiene Francois Carrard, direttore generale del CIO.

16-22 dicembre 2000: i Campionati Assoluti di tennis di Roseto (Teramo) sono abbinati ad una campagna contro il fumo promossa dall’Antismoking Center di Nembro (Bergamo).

2 febbraio 2001: il secondo concorso regionale per la lotta contro il fumo realizzato dall’ASL 8 di Asolo in collaborazione con la regione Veneto e con altre istituzioni, si giova di testimonial d’eccezione. Alex Del Piero, Paola Pezzo, Miguel Martines e Manuela Di Centa dicono “Chi non fuma…vince”. Il concorso invita gli studenti a produrre lavori creativi e artistici (spot pubblicitari, disegni, messaggi audio e fotografie per promuovere uno stile di vita senza tabacco).

11 febbraio 2001: i XIX Giochi Olimpici Invernali e gli VIII Giochi Paraolimpici di Salt Lake City (Utah, Usa) sono “tobacco-free”. L’uso e la vendita di prodotti del tabacco è vietata.

2001: l’associazione di football sud africana (SAFA) organizza programmi che promuovono uno stile di vita libero dal fumo.

In tutto il 2001, inoltre, sono state numerose le iniziative lanciate dalle agenzie e dalle organizzazioni che aderiscono al movimento per lo “sport senza tabacco” del Centers for Disease Control and Prevention (CDC):

donne e uomini campioni dello sport provenienti dagli Usa, dall’Australia, dal Brasile, dalla Cina e dal Canada appaiono in posters a sostegno della campagna. Affermano: “l’unica cosa peggiore di una carta di credito rossa è un polmone nero”.

Vengono realizzati libri, manuali e documentari per aiutare gli allenatori e gli amministratori delle scuole e degli enti locali che si occupano di salute a far capire ai giovani l’importanza di uno stile di vita senza fumo.

In Italia, si svolge la prima manifestazione sportiva smoke-free ufficiale, la Maratona di Roma, il cui slogan è “Preferisco l’Aria”.

Novembre 2001: dopo la decisione della FIFA (Federazione Internazionale di Calcio), del Giappone e della Corea di vietare il fumo ai Mondiali di Calcio del 2002, anche la FIA (Federazione Internazionale dell’Automobile) vuole che dalla fine del 2006 i marchi di sigarette spariscano dalle tute dei piloti, dalle auto da competizione e dai circuiti della F1.

22 novembre 2001: l’OMS lancia a Ginevra la campagna “Per lo sport senza fumo”. Partecipano 191 Paesi e fanno da garanti atleti di fama mondiale, del CIO e della FIFA. Divieto assoluto di pubblicità del tabacco dentro gli stadi, i circuiti, le palestre e gli altri terreni di gioco.

11 febbraio 2002: Alessandro Costacurta e Demetrio Albertini prestano la loro immagine per la campagna contro il fumo organizzata dalla provincia di Milano e rivolta alle scolaresche. “A quell’età, dice Albertini, si prova a fumare per la pressione del gruppo e per provare la sensazione di sentirsi adulti. Io stesso ho provato per quei motivi. Ho provato e poi ho smesso. Ma si deve capire subito che la sigaretta è un errore da non ripetere”.

13 febbraio 2002: la squadra inglese del Gillingham propone di vietare il fumo all’interno dello stadio Priestfield. Il 51 per cento dei tifosi esprime parere favorevole.

Le sigarette nello sport

L’attività sportiva non sempre si accompagna a uno stile di vita salutare e corretto. Infatti, se è vero che il vizio della sigaretta non è così diffuso tra gli sportivi come tra la popolazione generale, è altrettanto vero che il 26,2% di coloro che praticano sport fuma. Con marcate differenze tra i due sessi: 34,9% di uomini e 17,6% di donne. Uno studio presentato nello scorso mese di marzo da Antonio Bonetti, professore associato di Medicina dello Sport all’Università di Parma, in occasione del convegno svoltosi a Roma su “Fumo, Sport e Prevenzione”, ha calcolato l’incidenza del fumo di sigaretta sulle diverse discipline sportive praticate da un campione rappresentativo di abitanti dell’Emilia Romagna. Dati regionali che, come conferma lo stesso Bonetti, sono però indicativi del trend nazionale.

Dall’analisi dei dati risulta che in alcuni sport il tabagismo è maggiormente diffuso: quelli di squadra (il calcio, il rugby, il baseball, il basket e la pallavolo). La ragione sarebbe di ordine psicologico: non puntando sulla prestazione fisica del singolo, queste attività sportive permettono alle persone di sentirsi meno responsabili del proprio stato di salute. Si tratta, inoltre, di discipline in cui la componente atletica è meno importante di quella tattica (ragione per cui è più facile trovare un calciatore che fuma piuttosto che un maratoneta o uno sciatore di fondo). Incide anche il ruolo dell’atleta all’interno della squadra (nel calcio, ad esempio, è più probabile che sia il portiere a fumare piuttosto che un centrocampista). Che negli sport di squadra si concentri una percentuale consistente di fumatori è stato evidenziato anche dalla ricerca epidemiologica di Diego Serraino del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, che tra il novembre 1985 e l’ottobre 1986 ha svolto un’indagine tra gli sportivi dilettanti e fumatori della provincia di Pordenone (Friuli Venezia Giulia). Risultato: il 3% praticava sport di resistenza, il 23% sport di squadra e il 20% altre attività non meglio precisate. Emerge, inoltre, che i fumatori sportivi maschi rappresentavano un terzo della popolazione generale, le femmine un quinto. Analogamente, una ricerca pubblicata nel 1991 dal Journal Sports Medicine and Physical Fitness, condotta dal Dipartimento di Ricerca di Medicina Sportiva del Wingate Institute a Netanya (Israele), ha evidenziato che il 15,5% della popolazione di atleti fuma e che tra questi la maggioranza sono giocatori di calcio. Ma vi sono anche sport individuali in cui è frequente imbattersi in atleti fumatori: il body building e gli sport da combattimento (judo, karate, wrestling, sollevamento pesi e simili), ovvero quelle discipline che richiedono minore resistenza, in quanto l’intensità dello sforzo dura meno. Come è emerso dallo studio incrociato che alcuni ricercatori coordinati da T.L. Holmen dell’Istituto Nazionale di Salute Pubblica norvegese, hanno condotto su circa sette mila studenti tra i 13 e i 18 anni nella Contea Nord-Trøndelag (Norvegia) negli anni 1995-1997. Lo studio, pubblicato sullo European Respiratory Journal, ha evidenziato un dato tanto scontato quanto inequivocabile: più si fuma minore è la frequenza dell’esercizio fisico che si riesce a fare. Tanto che i fumatori abbandonano di più la pratica sportiva, sia quelli abituali (52% di maschi e 61% di femmine) che quelli occasionali (43% di maschi e 39% di femmine). Al contrario, la partecipazione alle competizioni sportive scolastiche è maggiore tra coloro che non hanno mai fumato.

Più fumi meno corri

Gli effetti sulla prestazione sportiva del fumo sono stati calcolati da uno studio di B. Marti, T. Abelin e Vader JP. pubblicato nel 1988 da Preventive Medicine. Gli scienziati non hanno dubbi: la resistenza alla corsa, ad esempio, è notevolmente inferiore nei fumatori rispetto ai non fumatori. Studiando la corsa di 6.500 diciannovenni iscritti al servizio di leva è stato possibile stimare che in uno stesso tempo (12 minuti) i fumatori riescono a percorrere una distanza minore di quella coperta dai non fumatori. Nello stesso studio, inoltre, tra 4.100 joggers che avevano preso parte a una gara che si correva sulla distanza di 16 chilometri, è risultato che i fumatori correvano molto più lentamente. Gli studiosi hanno calcolato che per ogni sigaretta fumata il tempo per completare la corsa aumentava di 40 secondi e che fumare 20 sigarette ogni giorno rendeva questi atleti più vecchi di 12 anni quanto a capacità atletiche. In altre parole, chi fuma e ha 30 anni corre come una persona che ne ha 42. Il fumo quindi altera negativamente la perfomance sportiva perché provoca un decremento della capacità polmonare e della forza muscolare.

Nel 1983, un’équipe dell’università di Aarhus in Danimarca guidata da Christian Klausen ha quantificato alcuni di questi effetti su un gruppo di giovani (età media: 24,5 anni) abituati a fumare tra le 5 e le 15 sigarette al giorno. Gli studiosi hanno calcolato le conseguenze di 3 sigarette fumate prima dello svolgimento di un esercizio fisico della durata di 9 minuti e hanno poi confrontato i valori ottenuti con quelli misurati dopo il medesimo sforzo su un campione di controllo (giovani che non avevano fumato). Questi sono stati i risultati:

Gli effetti del tabacco sono gli stessi nei dilettanti e nei professionisti. Sono però più spiccati nei soggetti non allenati. E derivano, come ha spiegato Michelangelo Giampietro, specialista in Medicina dello Sport e Scienza dell’Alimentazione e docente di Alimentazione e Nutrizione Umana, corso di laurea in Scienze Motorie presso l’università di Cassino-Tor Vergata (Roma), da due componenti: la nicotina e il monossido di carbonio (un gas incolore prodotto dalla incompleta combustione delle foglie di tabacco). La nicotina, che determina l’aroma del tabacco e che è responsabile della dipendenza del fumatore, aggredisce soprattutto l’apparato cardiocircolatorio, provocando una riduzione delle dimensioni dei vasi sanguigni periferici e causando l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, dell’eccitabilità del miocardio e quindi dell’incidenza di cardiopatie ischemiche. Per capire gli svantaggi che si riversano su chi pratica sport, basti pensare che l’allenamento (soprattutto quello delle discipline aerobiche) provoca esattamente l’effetto opposto e che esiste un doping basato su farmaci metabloccanti, farmaci cioè che abbassano la frequenza cardiaca. La nicotina, inoltre, non favorisce nemmeno la destrezza e la concentrazione dell’atleta. Per quanto stimoli il sistema simpatico, non agisce al pari di un farmaco psicoattivo. Infatti, a differenza della caffeina, che svolge un’azione specifica di eccitazione sul sistema nervoso centrale, la nicotina colpisce in special modo l’apparato cardiocircolatorio. Il monossido di carbonio sottrae ossigeno al sangue, inducendo effetti negativi sui tessuti. Una volta inalato, infatti, si combina, a livello alveolare, con grandi quantità di emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno, formando la carbossiemoglobina e riducendo, perciò, l’ossigeno disponibile. Tanto è vero che, anche in questo caso, esiste una forma di doping a base di farmaci in grado di aumentare la quantità di ossigeno nel sangue. Inoltre, proprio nei tessuti, il monossido di carbonio si lega con la mioglobina, proteina indispensabile alla contrazione muscolare. Secondo uno studio realizzato da Antonio Todaro, della Società Italiana di Pneumologia dello Sport, nei fumatori il tasso di carbossiemoglobina è in media del 4-5% con picchi subito dopo aver fumato che raggiungono il 9%, con conseguenze negative sulle prestazioni sportive. Bronchiti e infezioni riducono la superficie polmonare deputata agli scambi di ossigeno, in ciò aiutate dalle polveri e dalle componenti solide del tabacco (il catrame, ad esempio, è un dannosissimo agente cancerogeno, la cui azione si esercita principalmente sulle cellule dei polmoni). Un anno di astensione dal fumo è sufficiente affinché la potenza aerobica, quella anaerobica e il carico di lavoro aumentino. Nel caso, invece, che si smetta definitivamente di praticare sport, ma non di fumare, non ci si può considerare esenti dalle conseguenze del tabacco, in quanto 3-4 mesi di inattività sono sufficienti ad annullare i benefici di anni di esercizio fisico. Gregory Hirsch della Divisione di Fisiologia Respiratoria e di Medicina presso il Centro Medico dell’università della California, ha studiato gli effetti immediati del fumo di sigaretta sul sistema cardiorespiratorio durante lo svolgimento di un’attività fisica. La ricerca, pubblicata nel giugno 1985 sul Journal of Applied Physiology, ha sottoposto 9 soggetti di sesso maschile ad esercizi fisici in due giorni separati, invitandoli a fumare tre sigarette prima dello sforzo solo nel secondo giorno. Gli studiosi hanno così calcolato che l’apporto di ossigeno diminuiva del 4% dopo aver fumato. Hanno quindi individuato gli effetti immediati, cosiddetti acuti del fumo: irritazione delle membrane della mucosa con alterazioni del tono dei bronchi, maggiore vasocostrizione e distribuzione regionale non uniforme del flusso ematico, oltre all’aumento della frequenza del respiro, del battito del polso e alla comparsa della tachicardia. Si può riassumere, a questo punto, operando una distinzione tra gli effetti a breve termine e quelli a lungo termine del fumo di sigaretta. Nel primo caso si tratta di sintomi reversibili dopo alcune settimane dal momento in cui si smette di fumare, nel secondo invece gli effetti possono essere più duraturi.

Effetti a breve termine del fumo sullo sportivo

Maggiore affaticamento. Si riduce infatti il tempo di esaurimento delle energie fisiche in esercizi a sforzo continuato

L’ossigeno non riesce a raggiungere i muscoli. Si produce un’intossicazione da monossido di carbonio (CO) e un blocco parziale dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno ai muscoli

Diminuisce il flusso del sangue ai muscoli, ma anche al cervello e all’apparato cardiovascolare

Si riduce la ventilazione polmonare, ossia il volume complessivo di aria immessa nei polmoni

Sfruttando meno il metabolismo aerobico si deve ricorrere a quello anaerobico: da qui una precoce formazione dell’acido lattico, una specie di “scoria” che intossica i muscoli

Si altera il sistema nervoso. La nicotina agisce come una sostanza antistressante, ma altera le condizioni biologiche dell’organismo

Effetti a lungo termine del fumo sullo sportivo

Riduzione cronica della funzione respiratoria e possibile ritardo dello sviluppo e della crescita delle funzioni polmonari

Infezioni dell’apparato respiratorio, asma e ostruzioni bronchiali causate da un’alterazione dei processi grazie ai quali le cellule dei bronchi riescono a espellere insieme al muco, i virus e gli altri agenti inquinanti

Riduzione della capacità di “diffusione” del polmone, ovvero del processo fondamentale della respirazione: il passaggio dei gas respiratori (ossigeno e anidride carbonica) dall’aria al sangue e viceversa

Aumento del rischio cardiovascolare

Disfunzione della frequenza cardiaca sia a riposo sia sotto sforzo. Quando è a riposo, infatti, il cuore deve lavorare più duramente per distribuire il sangue a tutto il corpo; durante l’esercizio fisico, invece, il cuore di un fumatore non riesce a pompare efficientemente il nutrimento e l’ossigeno supplementari richiesti dai muscoli

Aumento del rischio di cancro al polmone e agli organi dell’apparato respiratorio (una probabilità reversibile in un tempo che va dai 7 ai 10 anni dal momento in cui si smette di fumare)

Incremento della tosse, dell’escreato, del respiro ansimante

Raddoppia la probabilità di incorrere in infortuni durante gli esercizi

Aumenta il tempo di guarigione delle ferite: i fumatori, ad esempio, con fratture della tibia hanno bisogno di 4 settimane in più rispetto ai non fumatori per guarire e, a volte, non guariscono del tutto

Difficoltà a controllare il proprio peso. In particolare gli uomini che fumano hanno un dispendio energetico giornaliero minore rispetto ai non fumatori. Inoltre la distribuzione del grasso nel corpo dei fumatori può avere implicazioni avverse sulla salute

Sport aerobici e sport anaerobici: quali conseguenze causa il fumo?

Non tutti gli sport sono uguali, e non tutti sollecitano l’organismo allo stesso modo. Ci sono attività fisiche caratterizzate da sforzi “leggeri”, prolungati nel tempo. In questo caso il glucosio viene bruciato completamente fornendo molta energia. Tali sport sono detti aerobici. Al contrario, sottoposto a sforzi brevi e intensi l’organismo brucia il glucosio solo in parte producendo poca energia e molto acido lattico. Si parla in questo caso di sport anaerobici. Nella pratica di uno sport di squadra il metabolismo è aerobico durante le fasi lente o le pause di gioco, mentre è anaerobico durante le fasi che richiedono maggiore intensità fisica. In entrambi i casi il fumo produce dei danni seri e che non vanno sottovalutati.

 

Il mondo dello sport: segnali positivi contro il fumo

Dopo i giochi olimpici, decretati “tobacco free” dal 1988, e in attesa del 2006, anno in cui le sponsorizzazioni delle multinazionali spariranno anche dalle macchine di Formula 1, la FIFA ha deciso di contribuire alla lotta al fumo dichiarando i Mondiali di calcio di Corea e Giappone i primi campionati “senza fumo”.

“E’ tempo non solo di rifiutare sponsorizzazioni dai produttori di sigarette, ma anche di schierarsi in prima linea nella lotta al tabagismo. Approfittando della popolarità di cui il calcio gode, specialmente fra i più giovani”, è stata la dichiarazione dell’ufficio stampa della FIFA. L’occasione per celebrare l’impegno del calcio è data dal 31 maggio: giorno del primo incontro del torneo fra Francia e Senegal, e della giornata mondiale contro il fumo indetta dall’Organizzazione mondiale della sanità. Ma la rivoluzione del calcio senza fumo colpirà anche gli addetti ai lavori: tecnici, accompagnatori, dirigenti e calciatori, obbligati a fumare solo in “zone riservate”. Proprio fra gli atleti si sta diffondendo una mentalità meno accomodante nei confronti delle sigarette. La diffusione del tabacco nel mondo del calcio ha seguito una parabola ascendente negli anni Settanta e Ottanta, ma nell’ultimo decennio l’attenzione verso le prestazioni del proprio fisico da parte dei calciatori e la maggiore consapevolezza dei danni provocati dal fumo di sigarette ha fatto sì che il numero di atleti fumatori diminuisse. «Negli anni Settanta, i calciatori fumavano decisamente di più – afferma il Commissario Tecnico della Nazionale italiana Giovanni Trapattoni -. Personalmente ho molta fiducia nella scienza e nella medicina e visti i dati agghiaccianti sulle morti da fumo credo assolutamente che le sigarette facciano male. Inoltre nella mia esperienza il calcio è stato un deterrente per iniziare a fumare. Un problema che aveva già colpito la mia famiglia visto che mio padre dovette smettere per motivi di salute». E proprio la Nazionale Italiana di Calcio, in occasione della Giornata Mondiale Senza Tabacco, ha voluto essere accanto alla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori nella campagna di sensibilizzazione anti fumo intitolata ‘Sport senza fumo. Gioca pulito’. Due grandi campioni come Alex Del Piero e Damiano Tommasi, dal ritiro di Coverciano, sono stati i testimonial di uno spot contro il tabacco, rivolto soprattutto ai giovani e agli sportivi, per scoraggiare l’abitudine al fumo e per mettere in guardia dai rischi che le sigarette provocano alla salute, penalizzando anche il rendimento di chi fa sport. Proprio chi gioca a calcio ad alti livelli si preoccupa, per primo, degli effetti negativi che il fumo può avere sul proprio rendimento. Come il centravanti dell’Inter e della nazionale Italiana di Calcio Christian Vieri: «Io non fumo, anche se ci sono compagni che fumano. Ma, fortunatamente, il loro numero decresce in maniera costante e inoltre quelli che fumano lo fanno sempre in maniera minore». Contro il fumo si schiera anche l’ex calciatore della Lazio e della nazionale italiana Vincenzo D’Amico. «Confermo che prima nel calcio si fumava molto di più. Quando giocavo io a calcio, infatti, non c’erano le campagne di sensibilizzazione contro il fumo che ci sono adesso. Un po’ perché certi rischi venivano presi sotto gamba e un po’ perché sui danni da fumo se ne sapeva davvero poco. Non ci sono poi molti allenatori che vietano le sigarette. Questo trovo che sia anche giusto: un calciatore di 25 anni deve capire da solo qual è il rischio che corre». Un problema che forse quindi andrebbe affrontato nelle squadre giovanili. Ed è per questo che D’Amico lancia un’idea che alcuni allenatori dovrebbero adottare: «Mi trovassi quotidianamente a stretto contatto con i ragazzi appenderei nello spogliatoio alcuni dati sulle morti e le malattie causata dal fumo. In questo modo, se volessero continuare a sperare di diventare campioni e a giocare a uno degli sport più belli del mondo ci penserebbero più di una volta prima di accendersi una sigaretta».

Ma il calcio non è l’unico sport che ha deciso di boicottare il fumo. La Formula 1 dal 2006 metterà al bando le sponsorizzazioni da parte delle multinazionali del tabacco. E anche se erroneamente i piloti di Formula 1 non sembrano dei veri e propri atleti, il grosso sforzo fisico che si deve sopportare durante un Gran Premio ha fatto sì che gli atleti abbandonassero l’abitudine del fumo.

«Le sigarette – spiega Giancarlo Fisichella, pilota italiano della Jordan – non girano nel nostro ambiente ormai già da molto tempo. Da anni la Formula 1 è diventata molto fisica oltre che tecnica e un tale vizio sarebbe improponibile. Per quanto mi riguarda, penso che se avessi fumato le conseguenze sulla mia carriera sarebbero state devastanti. Minor reattività, minor capacità percettiva, minor resistenza alla fatica: insomma una vera e propria calamità si abbatterebbe sulle mie prestazioni fisiche e mentali».

A cura del mistero della salute

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