Super serie (introduzione al metodo)

Tale metodo tende a sovraffaticare i muscoli interessati mediante l’esecuzione continuata di due serie. Ciò sta a significare che nelle super serie non è previsto alcun tempo di recupero.

E’ bene evidenziare, inoltre, che tale tecnica si basa sull’esecuzione di un esercizio che solleciterà un muscolo agonista e sull’esecuzione continua di un altro esercizio che, invece, andrà a sollecitare il muscolo antagonista rispetto al precedente.

Da qui il nome di super serie antagoniste.

Al metodo delle super serie coinvolgenti muscolo agonista/antagonista (es.: bicipiti-tricipiti) se ne è affiancato un altro, che prevede l’esecuzione di due esercizi, che vanno entrambi a coinvolgere lo stesso muscolo (super serie agoniste)

esempi di super serie antagoniste:

    • Distensioni su panca piana seguite senza pausa da Rematore con bilanciere
    • Curl bilanciere seguito senza pausa da French press con bilanciere
    • Leg extension seguita senza pausa dalla Leg curl
    • Crunch per addome seguito senza pausa da Iper estensioni per i lombari

esempi di super serie agoniste:

    • Distensioni su panca piana seguite senza pausa dalle Croci ai cavi
    • Trazioni a corpo libero seguite senza pausa dal Pulley
    • Lento avanti/dietro seguito senza pausa dalle Alzate laterali
    • Curl bilanciere seguito senza pausa dal Curl a 2 mani alla poliercolina
    • French press con bilanciere seguito senza pausa dal Push down
    • Squat seguito senza pausa dagli Affondi
    • Stacchi a gambe tese seguiti senza pausa dalla Leg curl
    • Calf machine in piedi seguita senza pausa dalla Calf machine da seduto

Lucia Locurcio

Il metodo TABATA

Una ricerca condotta da Martin Gibala, direttore del Dipartimento di Cinetica alla McMaster University dell’Ontario, potrebbe esplorare confini audaci nel mondo del fitness.

Lo racconta il New York Times. E il pezzo è diventato subito uno dei più letti dell’edi­zione online del quotidiano.

Studio di una università canadese sulla resistenza fisica
Fitness: sei minuti valgono sei ore
Il nuovo allenamento: sforzi duri per periodi brevi

Nel suo laboratorio Gibala ha applicato a un gruppo di studenti (tutti in buona forma fisica, ma nessun atleta professionista) ciò che all’Istituto nazionale per la salute e la nutrizione del Giappone avevano fatto qualche anno prima con i topi. Un gruppo di ratti era stato fatto nuotare liberamente in una piscina per 6 ore, mentre contemporaneamente un altro gruppo era stato sottoposto a stimoli esterni, con tanto di zavorra addizionale, e fatto nuotare freneticamente per 20 secondi e riposare per 10. Uno sforzo estenuante fatto a intervalli regolari per un totale di 4 minuti.

A esperimento concluso, i ricercatori giapponesi hanno esaminato le fibre muscolari sia dei topi maratoneti, sia di quelli sottoposti a un esercizio sfiancante ma limitato nel tempo, scoprendo che in entrambi si erano veri­ficate identiche modificazioni molecolari che presagivano un miglioramento della capacità di resistenza. Gibala ha applicato la stessa sperimentazione alla macchina umana, sottoponendo i suoi studenti a uno sforzo simile: per loro ha programmato un allenamento alla cyclette differenziato.

Un gruppo ha pedalato 3 volte alla settimana a un ritmo sostenibile per 2 ore, gli altri hanno sparato tutto quello che avevano in corpo in 6 «ripetute» di 20-30 secondi, intervallate da 4 minuti di recupero. Dopo due settimane tutti gli studenti, senza distinzione tra chi aveva pedalato 6 ore e chi lo aveva fatto al massimo delle proprie possibilità per 6 minuti, avevano incrementato la propria forma fisica.

“Il numero e la dimensione dei mitocondri sono aumentati in modo sensibile — sostiene il professor Gibala — un risultato che prima di questo studio veniva associato solo a lavori di lunga durata”.

L’aumento del volume dei mitocondri ha un grande impatto sulle prestazioni di resistenza, migliorando l’utilizzazione dell’ossigeno da parte delle fibre muscolari. Una frontiera interessante, che se esplorata potrà evidenziare come pochi minuti di sforzo estremo possano essere sufficienti per mettersi in forma.

mitocondri metodo tabata sei minuti come sei ore allenamento funzionaleSezione di due mitocondri visti tramite un microscopio elettronico

 

FTK Staff

Water Pipe

Con oggi iniziamo a parlare non solo di quello che facciamo nei nostri allenamenti ma con che cosa lo facciamo. Ovvero i nostri attrezzi.

La maggior parte di essi sono semplici utensili che si possono trovare anche in ferramenta, nulla di quello che nasce per il lavoro manuale è più indicato a svolgere un allenamento funzionale.

Quello di cui parleremo oggi non è sicuramente uno degli attrezzi più usati, ma è facile da costruire, semplice da usare, economico e versatile. Se lo comprate su internet può costare anche qualche centinaio di euro ma se vi servite dal self più vicino con 20 – 30 € potete creare il vostro personalissimo Water Pipe chiamato anche Slosh Pipe.

Cos’è il Water Pipe

E’ un attrezzo tanto semplice quanto geniale, un tubo in pvc di quelli che si usano per gli scarichi del bagno di diametro ci circa 20 cm lungo 2 metri, riempito con 10 litri di acqua e chiuso alle estremità con tappi a vite e guarnizione. La lunghezza può essere variabile, più il tubo è lungo e più diventerà difficile utilizzarlo anche a parità di carico, se il tubo è invece di lunghezza inferiore sarà più semplice.

Se lo fate molto corto dovrete inserire meno acqua perchè è fondamentale che questa abbia spazio sufficiente per spostarsi da un lato all’altro del tubo. Questa è la sua forza e questo è quello che renderà il vostro allenamento terrificante. L’ondeggìo del liquido infatti, creerà un continuo sbilanciamento del vostro assetto creandovi non pochi problemi a svolgere esercizi che a carico stabile riuscireste a fare tranquillamente con pesi superiori anche di 5 – 10 volte i peso del water pipe.

water pipe allenamento funzionale body training equilibrio stabilizzatori

Cosa farci

Con il water pipe potete eserguire moltissimi esercizi dai più complessi ai più semplici: una “ tranquilla “ passeggiata con il pipe in braccio davanti al petto può rivelarvi quanto sia semplice ma faticoso utilizzarlo. Quasi tutti gli esercizi che fate con un bilanciere: front squat, distensioni su panca, distensioni sopra la testa, crunch con sovraccarico, affondi, o come dicevo prima semplicemente camminare può diventare una gran bella faticata, dove il vostro core sarà messo a dura prova.

In pratica il water pipe si presta bene a essere utilizzato per tutti gli esercizi di lavoro isometrico e di spinta. Il tubo infatti è troppo grosso per essere afferrato per farci dei rematori o stacchi anche se il problema può essere risolto inserendo delle cinghie, tipo quelle per fermare i pacchi sull’auto, al centro del tubo. Si perde un po’ della sua instabilità, infatti una presa così robusta renderà tutto più facile, ma rimane comunque da provare.

A cosa serve

Ora dopo tutto questo discorso a qualcuno potrebbe venire in mente di chiedersi: perhè dovrei farlo?
Chiariamo subito che se cercate il pettorale strappa camicia o il bicipite da 50 cm di circonferenza non sarà di certo il water pipe a farveli venire. Però può rendere molto più forti tutti quei muscoli che nessuno vede e che pochi allenano ma che vi serviranno per rendere le vostre sessioni di allenamento tradizionale più efficaci.

Il continuo dondolio del tubo infatti farà lavorare in maniera impressionante un gran numero di muscoli stabilizzatori, rendendo articolazioni più forti e capaci di sopportare carichi maggiori in altri esercizi.

Qui di seguito il video di alcuni ragazzi americani, tanto per cambiare, che si allenano con il water pipe.

FTK Staff

L’allenamento funzionale

Oggi la novità nel mondo del fitness è l’allenamento funzionale. Stanno nascendo Trainer che si occupano di questo tipo di allenamento proclamando di aver inventato questo o quello.

Dall’altro lato c’è tutto il popolo dei bodybuilder e fautori del fitness e del wellness che cercano di capirlo o screditarlo. La domanda che più spesso viene posta da questi ultimi è: funzionale a che cosa?

La ragione come spesso accade sta nel mezzo. Partiamo dal dire che nessuno ha inventato nulla o quasi. L’allenamento oggi chiamato funzionale esiste da sempre. Dai lottatori di Pancrazio e gli atleti delle Olimpiadi dell’antica Grecia ai monaci shaolin in Cina, dalle popolazioni maya ai pescatori delle isole giapponesi. Tutti utilizzavano un tipo di allenamento e delle attrezzature che oggi rientrerebbero nel contesto del functional training. Solo a partire dagli anni ’60 con l’avvento del bodybuilding che guardava più all’ipertrofia rispetto all’atleticità della persona, l’allenamento è cambiato.

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E’ stato trasformato da un allenarsi a tutto tondo ad allenarsi in modo settoriale, dividendo i gruppi muscolari, aiutati anche dalla comparsa delle prime macchine isotoniche. Queste attrezzature permettevano di sviluppare i muscoli settorialmente, l’aspetto estetico del praticante migliorava e il tutto avveniva in totale sicurezza. Le macchine isotoniche infatti non sono assolutamente da demonizzare, in determinate casistiche possono sicuramente essere considerate utili. Riabilitazione, persone anziane o con problemi fisici possono sicuramente lavorare su questo tipo di attrezzature. Del resto tra poco e nulla, poco è sicuramente meglio. Dopo questa breve introduzione storica ritorniamo alla prima affermazione.

Funzionale a che cosa? Cerchiamo prima di capire cosa significa Funzionalità. Per funzionalità si intende la “capacità di rispondere perfettamente alle specifiche esigenze per le quali si è stati progettati”. L’allenamento funzionale interessa più aspetti della fisiologia e dell’anatomia del corpo umano, dato che per rispondere a specifiche esigenze vengono coinvolti il potenziamento, l’allungamento, la respirazione, il rilassamento e quindi un insieme di fattori legati all’allenamento.

E’ correlato all’allenamento dell’equilibrio, della stabilizzazione o della propriocezione. Un’attività che allena il “movimento” e includerebbe un tipo di attività che richiede la produzione di forza muscolare sia statica che dinamica. La capacità di essere consapevoli di come l’intero corpo, o una parte di esso è posizionata in ogni singolo momento nello spazio, deve essere sviluppata attraverso un allenamento specifico.

Essere forti non significa assolutamente essere funzionali! Un soggetto per ritenersi funzionale dovrebbe avere un mix di qualità che comprendono elasticità muscolare, mobilità articolare, forza, coordinazione, equilibrio, capacità di controllo del corpo nel suo insieme oltre che resistenza muscolare ed una buona capacità aerobica. Il classico e tradizionale allenamento che la maggior parte delle persone svolgono nella sala fitness non consente di raggiungere un buon equilibrio di tutte queste qualità.

“Successful training is intelligent training. Intelligent training is knowing the why of an exercise, as well as what and how” John Hawley (Director of High Performance Laboratory Sport Science Istitute of South Africa)

“L’allenamento con la miglior resa è un allenamento intelligente. L’allenamento intelligente è conoscere il conoscere il perchè di un esercizio allo stesso modo del cosa e come lo fai”.

Credo che ora la risposta siate in grado di darvela da soli………….

 

FTK Staff

Volume, intensità e densità di carico

Seguire una scheda di allenamento è fondamentale poiché, oltre che a visualizzare gli esercizi, permette anche di evidenziare eventuali miglioramenti di forza muscolare e variazioni dei pesi rispetto agli allenamenti precedenti.

Questo strumento, se ben utilizzato (segnando, ad esempio, ogni progresso ottenuto), prende in considerazione vari distretti muscolari, definendone l’intensità, la densità, il volume di lavoro e la frequenza, a seconda degli obiettivi e delle caratteristiche del singolo atleta.

L’intensità di lavoro può, dunque, essere rappresentata dalla percentuale massima del carico utilizzato, ovvero, in sostanza, la percentuale della massima prestazione di cui è capace l’atleta. Se prendiamo, ad esempio, un culturista che solleva 100Kg di massimale di panca (una sola volta), la sua percentuale sarà il 100% di intensità, se nella successiva ne alza 90Kg avremo l’intensità al 90% e così via… L’intensità appropriata per aumentare il volume muscolare – nel più breve tempo possibile e con intelligenza – varia dal 65% all’ 85% del massimale. Diversamente, un’intensità superiore (dall’ 85% al 100%) stimolerà maggiormente la forza generale e/o massimale.

Per quanto, poi, concerne la densità, essa può essere definita come il rapporto del tempo tra le fasi di lavoro e quelle di recupero nella singola seduta. Essa, dunque, dipende direttamente dall’intensità in quanto più questa è alta, maggiori dovranno essere i tempi di recupero tra le serie. Un’adeguata densità di stimolo rende produttivo l’allenamento, il carico di lavoro ed evita che le risorse energetiche si esauriscano troppo rapidamente. Per un culturista che si allena ad una intensità tra il 65% e l’85%, i tempi di recupero variano dal minuto ai tre minuti circa. Per l’atleta di powerlifting, il recupero sarà di 5 minuti e così via. I tempi di recupero servono per ripristinare in parte o totalmente l’ATP (adenosintrifosfato).

Il volume di allenamento, invece, è la somma dei chilogrammi sollevati in una seduta di allenamento e, perciò, è dato dal numero delle serie e delle ripetizioni eseguite.

La frequenza, invece, dipende dall’intensità, dal volume e dalla densità di lavoro. Più questi saranno elevati e minore sarà la frequenza di allenamento. E’, infatti, provato scientificamente che debbono trascorre 4 giorni circa – se non di più – prima di riallenare uno stesso muscolo per il principio della supercompensazione.

Molto importante è anche la velocità del movimento durante le ripetizioni di ciascuna serie. Più volte ripeto ai miei allievi che durante la fase eccentrica del movimento e, dunque, quella cedente o negativa, la velocità deve essere controllata (generalmente di 2 secondi), mentre quella attiva o concentrica o positiva, deve essere eseguita in modo esplosivo al fine di poter implicare tutte le fibre disponibili (un secondo circa). Non dimentichiamo mai un elemento fondamentale e di base: la massa muscolare aumenta con carichi elevati e con un costante loro incremento. Altrimenti perche esisterebbero vari tagli di pesi se potessimo crescere tutti con pesi da 4Kg?

Le credenze lasciano il tempo che trovano.Largo spazio, invece, allo studio e alla scienza concreta, cercando di accumulare più esperienza possibile, utilizzando sempre il cervello.

Francesco Crisafulli,
Personal Trainer e 2 volte campione Italiano F.I.P.C.F. CONI.

5×5 Bill Starr – Aumentare la massa e la forza per gli intermedi

Questo metodo, creato nel 1976 per aumentare nei giocatori di football esplosività e forza è, con i dovuti aggiustamenti, un ottimo metodo per un principiante-intermedio di ottenere guadagni di forza-massa. L’allenamento originale era basato sulle tre alzate di panca piana, squat e power clean, da ripetersi tre volte a settimana.

Nel body building, ricercando l’aumento di massa (ed essendo meno interessati ad un miglioramento dell’esplosività), si è soliti sostituire il power clean con lo stacco da terra e il rematore.

Molto spesso i principianti, guardando le routine degli esperti, si perdono in mille complementari e metodiche assurde quando potrebbero trarre enormi vantaggi da un buon lavoro sui fondamentali. Per la teoria del sovraccarico progressivo,un aumento di forza (e quindi di peso utilizzato) è uno dei migliori metodi per metter su kg di massa funzionale. Altro vantaggio di andare ad eseguire spesso i fondamentali sta nel perfezionare sempre di più la tecnica delle alzate, che, unita alla base di massa e forza che questo programma può dare, costruiscono un ottimo presupposto per i progressi futuri.

Veniamo al sodo, per costruire una buona forza, come l’esperienza ci ha insegnato, servono principalmente tre cose:

    • Multifrequenza
    • Grandi esercizi multiarticolari
    • Assenza di cedimento

Potrei dibattere per pagine e pagine su questi tre punti. Li liquiderò invece in tre brevissime frasi:

    1. L’allenamento della forza cerca un adattamento nervoso e strutturale al carico, la multifrequenza ci permette di dare uno stimolo costante.
    2. L’uso dei grandi esercizi è ovvio in quanto sono quelli dove si cerca di smuovere grandi carichi.
    3. L’assenza di cedimento è fondamentale poiché, essendo questa un enorme stress per il nostro SNC (sistema nervoso centrale) ostacola l’adattamento di questo al carico.

Il programma si basa su una progressione lineare settimanale:

Conoscendo il proprio attuale 5RM in

-Panca piana
-Stacco
-Squat
-Rematore con bilanciere
-Military press

I carichi della serie target verranno impostati inizialmente in modo da raggiungere il 5rm alla fine delle prime quattro settimane aumentando costantemente il carico del 2,5% (per calcolare il peso da usare inizialmente prendete il vostro 5rm e sottraetevi il 2,5%, adesso che avete questo valore calcolatene il 2,5% e sottraetelo ancora, fino ad arrivare al carico del set più pesante della prima settimana) la progressione sembra molto lenta ma, se riuscirete a seguirla, vedrete che aumenterete la vostra forza del 10% in 9 settimane! Se una settimana non riuscite ad aumentare il carico riproverete con lo stesso carico nella settimana successiva, altrimenti, si tornerà indietro col carico in questa alzata.

NOTE:

-Come ogni metodologia di allenamento non è eterna, anche se può farvi progredire per molto tempo
-Il tempo di esecuzione è naturale, non molto lento e senza rimbalzi.
-Il tempo di recupero è da tenersi tra i 3 e i 5 minuti di recupero, in base alla respirazione.

L’allenamento si struttura su tre sedute settimanali con relativa modulazione dell’intensità

Lunedì: Seduta pesante
-Squat 5×5 Aumentando il peso fino al carico stabilito*
-Bench press 5×5 Aumentando il peso fino al carico stabilito*
-Rematore con bilanciere 5×5 Aumentando il peso fino al carico stabilito*
-Addominali

Mercoledì: Seduta leggera
-Squat 4×5 i primi tre set sono come i primi tre del lunedì, nel quarto si usa lo stesso carico del terzo
-Military press 4×5 Aumentando il peso fino al carico stabilito*
-Stacchi 4×5 Aumentando il peso fino al carico stabilito*

Venerdì : Seduta intermedia
-Squat 4×5,1×3,1×8 I primi 4 set sono come i primi 4 del lunedì, la tripla è del 2,5 % sopra il miglior set dei 5 del lunedì, e l’ultima serie da 8 reps
ha lo stesso carico della terza da 5
-Panca 4×5 1×3 1×8 Per i carichi vale lo stesso discorso dello squat
-Rematore con bilanciere 4×5 1×3 1×8 Per i carichi vale lo stesso discorso dello squat

Assistenza:
-3 set di dips 5-8 reps
-3set di curl con bilanciere 8 reps
-3 set di estensioni per i tricipiti 8 reps

In questa metodologia, alleneremo inoltre le braccia e i deltoidi, andandoci a riposare per due giorni (dopo questo allenamento bisognerà SEMPRE riposare almeno due giorni)

*Cosa vuol dire ”aumentando il peso fino al carico stabilito?
Significa che, durante i 5 set da 5, alzeremo il carico come se ci stessimo scaldando, aumentando il carico del 10-15% ad ogni set.

Esempio, sono alla quarta settimana e il mio 5rm iniziale di panca era di 105 kg?

I 5 set saranno: 45 kg-62 kg-75 kg-91 kg e infine 105 kg. Sarà un po’ come fare del riscaldamento, questo perché si deve prendere confidenza con le alzate, migliorare la coordinazione e contribuire contemporaneamente al carico totale senza alzarlo così tanto da sovrallenarsi. Se userete il vostro 5rm per tutte le serie, il tonnellaggio sarà troppo alto e, dopo un paio di settimane, non trarrete alcun beneficio dal programma.

Per non far impazzire le persone, eccovi un programmino fatto con excel in cui inserire il vostro 5rm e automaticamente otterrete i carichi da usare negli esercizio per ogni allenamento delle 9 settimane. Eccovi il link: BillStarr

Buon allenamento a tutti! Keep on Pumpin’

bodytraining user: Robespierre

Forza e prevenzione: matrimonio possibile?

“Aumento netto e vistoso degli infortuni che hanno falcidiato soprattutto gli organici delle grandi società”, questa è laconica e soprattutto veritiera affermazione del mio amico Vincenzo Pincolini in un suo articolo apparso recentemente proprio su questa stessa rivista (Maggio, 2001).

Al di là di queste purtroppo esatte affermazioni, che inevitabilmente ci portano in un secondo tempo a tutta una serie di considerazioni sulle ragioni del fenomeno in questione, vorrei in queste poche righe cercare di fornire qualche strategia di ordine pratico per quantomeno cercare di prevenire il “problema infortunio”, ovviamente per quanto possibile questo sia.

Coniugare allenamento di forza e prevenzione, come anticipato nel titolo, missione impossibile? Direi proprio di no, anzi al contrario, possibilissima ed oltretutto molto redditizia, sia in termini di economia di tempo dedicato all’allenamento muscolare, che di risultati, e poi molto onestamente direi che, visti i possibili benefici, varrebbe proprio la pena di tentare di prendere i classici ” due piccioni con una fava”, nel senso di cercare di mettere in pratica un piano di allenamento muscolare che tocchi, sia caratteristiche muscolari definibili come “classiche”, (forza, potenza, elasticità… ) e che ottenga contestualmente un condizionamento muscolare di tipo preventivo.
Il periodo della preparazione pre-campionato mi sembra in effetti il momento ideale per poter cercare di attuare nel migliore dei modi questo tipo di strategia, per molte ragioni , sia per il periodo relativamente lungo a disposizione, sia per la “relativa calma psicologica” che andrà ben presto persa non appena la vicinanza del campionato si farà sentire e vuoi anche per la migliore attitudine mentale dei giocatori nei confronti della preparazione. Vediamo quindi di fornire in primo luogo una serie di mezzi di lavoro, ovviamente spiegandone e giustificandone l’uso, che racchiudano questo “doppio indirizzo”: allenamento della forza muscolare/condizionamento preventivo e successivamente cerchiamo di indicare una serie di principi metodologici a cui questi mezzi di lavoro devono attenersi per poter programmare un piano di lavoro razionale e coerente.

1°mezzo di lavoro: l’eccentrico : come ottimizzarlo.

L’allenamento eccentrico da un punto di vista prettamente “atletico” ci permette, come tutti ben sanno, di poter aumentare notevolmente la forza muscolare dell’atleta, oltretutto il miglioramento della forza eccentrica può avere, rispettando alcuni principi metodologici, anche delle positive ricadute sulla forza massima dinamica. Unico neo dell’allenamento eccentrico è l’utilizzo di carichi sovramassimali, normalmente compresi tra il 100 ed il 120% di 1RM. L’eccentrico comporta una forte perturbazione strutturale delle fibre muscolari, soprattutto di quelle veloci (Armstrong e coll., 1983; Friden e coll., 1981; Newham e coll, 1983) e conseguenza induce un importante ristrutturazione a livello muscolare, cogliendo in pieno quindi uno dei principi basilari dell’adattamento muscolare enunciabile come “break down and build up”, che possiamo tradurre nel più italico principio di “destrutturare prima e ristrutturare dopo”. Tuttavia l’eccentrico non solo ci permette di migliorare le qualità di forza dell’atleta ma, come già visto ne “I quaderni del Nuovo Calcio. Prevenzione, cura e recupero degli infortuni , seconda parte” (Maggio 2001), è un ottimo mezzo per “condizionare” la muscolatura nel resistere al violento fenomeno del sovrastiramento (overstretching) alla quale quest’ultima viene sottoposta durante gli impegni di tipo esplosivo. L’eccentrico quindi è il nostro primo, ottimo esempio, di matrimonio perfetto tra l’allenamento della forza muscolare ed il condizionamento preventivo. Come ottimizzarlo quindi?

L’eccentrico variabile.

Rendere allenante il carico durante tutto l’arco del movimento è un principio di base per tutte le metodologie di lavoro che comportino l’utilizzo di sovraccarichi, vediamo come farlo con l’eccentrico. Prendiamo una delle esercitazioni in eccentrico maggiormente allenanti e condizionanti a livello muscolare come il semi squat. Nel semi squat sino a circa la posizione di _ di squat si possono utilizzare carichi elevati, dal _ di squat sino alla posizione di _ squat la forza massimale diminuisce di circa il 20-25%, a causa del cambiamento del braccio di leva articolare (Bisciotti, 2000). Per poter utilizzare un carico adatto a rendere allenante tutto l’arco del movimento occorrerà quindi adottare un primo carico, più pesante, sino ad _ di squat ed un secondo carico, più leggero di circa il 20-25%, dalla posizione di _ di squat sino a quella di _ di squat. Questo è il concetto da utilizzare in quello che ho voluto chimere “eccentrico a carico variabile” e che si può facilmente metter in pratica con l’utilizzo dello stratagemma adottato in figura 1. Come è facile notare quando l’atleta arriva alla posizione di _ di squat, i pesi vincolati alle due catene toccano terra, scaricando l’atleta del 25% del peso, permettendo in tal modo di eseguire correttamente, con il secondo carico, l’ultima parte dell’esercizio. Per sensibilizzare un’omogenea ripartizione del carico sulle due gambe sarebbe consigliabile l’uso di due semplici bilance sotto i piedi dell’atleta.

Serie consigliate: da 3 a 5
Carico: dal 100 al 120% del carico massimale
Ripetizioni: da 4 a 6
Recupero: tempi di recupero molto lunghi compresi tra 5 e 7’
Nota: lo stesso principio del “carico variabile” è adottabile anche in concentrico.

Fotografia 1: L’ eccentrico “variabile” permette di ottimizzare il carico utilizzato, adattandolo al cambiamento del braccio di leva, lungo tutto il decorso del movimento. Per rendere omogenea e sensibilizzare la ripartizione del carico, sarebbe inoltre consigliabile l’uso di due semplici bilance poste sotto i piedi dell’atleta.

Fotografia 2: Gli ischio crurali mostrano una forte diversità nella capacita di forza eccentrica in rapporto alla parte del range totale di movimento utilizzato. Per questa ragione è giusto considerare due range di movimento, il primo da 90° a 135° ed il secondo da 135° a 180°.

Per quello che riguarda gli ischio-crurali, muscolatura che necessita di un forte allenamento e condizionamento in eccentrico, il principio dell’eccentrico a carico variabile non è facilmente adottabile. Osservate in fatti le due fotografie che si riferiscono ad un esercizio eccentrico effettuato sul leg curl: il movimento può essere sostanzialmente suddiviso in due range, il primo che va dai 90° ad 135° ed il secondo dai 135° ai 180°. Ebbene nella seconda parte di movimento (135°-180°), la forza eccentrica degli ischio-crurali può essere addirittura superiore di tre volte rispetto a quella registrabile nella prima parte del movimento stesso (90°-135°). Da qui la necessità di considerare i due movimenti separatamente, adottando i due diversi rispettivi carichi di allenamento.

Eccentrico + super slow

Sempre nel Quaderno del Nuovo Calcio dedicato alla prevenzione, cura e recupero degli infortuni. (seconda parte. Maggio 2001) prima citato, ricordavamo come il muscolo si insulti durante una contrazione eccentrica anche a causa della mancanza di ossigeno che sopravviene in simili condizioni di contrazione. Un secondo principio metodologico nell’ambito dell’eccentrico è quello che ho voluto denominare “rinforzare in eccentrico-capillarizzare in concentrico”. Si tratta in pratica di eseguire una serie in eccentrico abbinata ad una particolare modalità di allenamento concentrico denominata “super slow”. Il super-slow, fattomi scoprire dal mio amico e collega Pincolini, è una metodologia nata in ambito fisioterapico ed ora “rubata” anche dai culturisti. Questo tipo di lavoro prevede delle contrazioni estremamente lente, di 5 secondi durante la fase eccentrica e di ben 10 durante la fase concentrica, per un totale di 6-8 ripetizioni, ossia per di 1’30-2’ di lavoro complessivo. Il super-slow, mette metabolicamente in crisi il distretto muscolare allenato, inducendo una forte capillarizzazione di quest’ultimo. Data la natura del super-slow, che ovviamente non si adatta perfettamente alla connotazione balistica del gesto tecnico del calciatore, è consigliabile un inserimento di esercitazioni di forza esplosiva a fine concatenazione. La scaletta utilizzabile potrebbe essere quindi:

Eccentrico (con le modalità sopra-descritte)- 3’ di recupero – super slow- 3’-4’ di recupero, serie di forza esplosiva. In alternativa il mini-blocco di forza esplosiva può essere inserito a fine seduta.

Serie consigliate: da 2 ad un massimo di 3
Carico: dal 100 al 120% del carico massimale in eccentrico, un carico che permetta almeno 6 ripetizioni (10’’ in concentrico + 5’’ in eccentrico) per il super-slow.
Ripetizioni: da 4 a 6 per l’eccentrico, 1’30’’-2’ di lavoro totale per il super slow.
Recupero: tempi di recupero molto lunghi compresi tra 5 e 7′
Nota: osservare un tempo di recupero di circa 3’-4’ tra la fine del super slow e la serie di forza esplosiva, che dovrebbe essere basata su 4-5 ripetizioni. Osservare inoltre, soprattutto nella fase iniziale della programmazione, un tempo di recupero di 3’- 3’30’’ tra l’eccentrico ed il super-slow.

2°mezzo di lavoro: L’eccentrico flash con carico: alleniamoci al cambio di direzione

La fase eccentrica di un cambiamento di direzione, come d’altronde anche quella di un salto o di uno sprint, costituiscono un momento estremamente delicato e potenzialmente pericoloso per l’integrità del complesso muscolo-tendineo. Tuttavia se analizziamo tutta la cinematica del movimento possiamo accorgerci che in effetti la fase eccentrica fa parte di un continuum che, in quanto tale, si svolge senza soluzione di continuità e che è giusto considerare ed allenare nella sua totalità, perché è proprio in tal modo che il muscolo si comporta durante l’attività specifica. Osserviamo la sequenza fotografica sottoriportata che illustra proprio un cambiamento di direzione. Nella prima fase (immagine A) il muscolo cede eccentricamente verso il basso, in questa fase in un primo tempo il complesso muscolare viene bruscamente stirato e solo verso la fine dell’allungamento produce una forza eccentrica molto alta per frenare il movimento stesso , forza dell’ordine di circa 2 / 2.5 volte il proprio peso (quindi circa 150 — 180 kg per un atleta di 75 kg). E’ proprio in questa fase che il muscolo rischia di insultarsi, sia per la violenza dello stiramento (nella prima fase), che per la forte tensione che deve sviluppare (seconda fase). Immediatamente dopo la fase eccentrica segue una brevissima fase che potremmo definire di “stabilizzazione isometrica” (immagine B) , sulla quale s’innesta senza soluzione di continuità una contrazione concentrica di tipo esplosivo (immagine C) che corrisponde al momento in cui la gamba si estende. Come riprodurre “a secco”, durante l’allenamento di muscolazione, la stessa sequenza di attivazione muscolare, in modo da allenare e condizionare il muscolo al movimento specifico? Il concetto di quello che ho denominato “eccentrico flash con carico” è proprio questo: riprodurre nell’allenamento di muscolazione in palestra lo stesso pattern di attivazione neuromuscolare che ritroviamo nel ciclo eccentrico-isometrico-concentrico esplosivo, tipico dei movimenti balistici come il cambio di direzione il balzo ecc. Per capirne l’esecuzione pratica osserviamo la seconda sequenza fotografica: come possiamo vedere si tratta di lasciare cadere un carico da un’altezza prefissata e di ammortizzarlo eccentricamente in un dato spazio e dopo una brevissima fissazione isometrica, ritornare verso l’alto in modo esplosivo. Per fare un esempio pratico se porto un carico di 25 kg all’altezza di 30 cm al di sopra della gamba, lo lascio cadere e lo ammortizzo, realizzando il ciclo stiramento eccentrico- fissazione isometrica-spinta concentrica, nello spazio di 10 cm (come illustrato appunto dalla sequenza sotto riportata), esercito una forza eccentrica d’impatto di ben 1471.5 N (ossia 150 kg), che come abbiamo detto precedentemente è circa lo stesso valore di forza eccentrica che sviluppo durante la fase eccentrica di un cambio di direzione, il tutto rispettando inoltre la stessa sequenza di attivazione neuromuscolare. L’eccentrico flash con carico quindi è probabilmente la miglior sintesi del concetto: allenamento della forza muscolare/condizionamento preventivo.

Serie consigliate: da 3 a 6
Ripetizioni: 6
Tempi di recupero: circa 5’, possibilmente attivo

Fotografia 3: le tre fasi di un cambiamento di direzione: alla prima fase eccentrica (A) segue una brevissima fase di “stabilizzazione isometrica” (B) , alla quale a sua volta segue una contrazione concentrica di tipo esplosivo (C).

 

Fotografia 4: L’eccentrico flash con carico costituisce un’ottima sintesi del concetto: allenamento della forza muscolare/condizionamento preventivo, proprio perché ripropone il pattern di attivazione che si ritrova durante un movimento di tipo balistico come il cambio di direzione, il salto, il momento di appoggio e spinta di uno sprint etc.

 

Fotografia 5: lo stesso tipo di eccentrico flash proposto al leg curl per il bicipite femorale

3°mezzo di lavoro: il lavoro sul picco di potenza ovvero: il lavoro a “doppio rendimento”.

Perché ho voluto definire il lavoro sul picco di potenza lavoro a doppio rendimento? Tutti sappiamo come alla fine di un movimento i muscoli antagonisti si attivino per frenare l’arto accelerato dalla contrazione degli agonisti. Immaginate un estensione della gamba sulla coscia effettuata contro due carichi di diversa grandezza: il primo molto leggero ed il secondo pressoché massimale. Nel primo caso la muscolatura antagonista (in questo caso gli ischiocrurali) si dovrà attivare, verso l’ultimo terzo della fase di estensione, per frenare l’azione degli agonisti (il quadricipite femorale), che in questo caso svilupperanno molta velocità ma poca forza , dato che il carico spostato è come abbiamo detto leggero. L’attivazione a cui saranno sottoposti gli antagonisti sarà quindi di media entità. Prendiamo il caso opposto, ossia quello in cui il carico spostato sia molto elevato: in questo secondo caso la muscolatura agonista svilupperà una grande forza ma produrrà una bassa velocità di accorciamento. Anche in questo caso l’attività degli antagonisti per frenare il movimento sarà di media entità. Nel caso invece in cui si sposti un carico con il quale si produca la massima potenza, la forza e la velocità del movimento saranno entrambe a valori discretamente elevati (circa il 50% della forza massimale e circa il 50% della massima velocità contrattile), ragione per cui l’attività che gli antagonisti dovranno sviluppare sarà necessariamente importante. Il lavoro sul picco di potenza quindi ha questo doppio interesse, allena gli agonisti alla produzione di potenza, soprattutto interessando le fibre veloci, e condiziona gli antagonisti in eccentrico. Sarebbe consigliabile effettuare il lavoro monitorizzandolo con un apparecchiature che quantifichi la potenza espressa, come ad esempio il Real Power (Globus Italia) ma se ne foste sprovvisti ci si può accontentare di adottare un carico di circa il 50% del carico massimale ed eseguire la spinta alla massima velocità esecutiva possibile: non si sarà molto lontani dalla massima produzione di potenza.

Serie consigliate: 4-5
Carico: circa il 50% del carico massimale, è comunque indicato se possibile eseguire il Power Test (vedi l’articolo apparso sul numero di Aprile del Nuovo Calcio intitolato “Come salvarsi dal terremoto).
Ripetizioni: sino a quando si riesca a mantenere il 90% della potenza massimale se si lavora “monitorizzati”, sino a che non diminuisce vistosamente la velocità esecutiva in mancanza di monitorizzazione.
Recupero: 5’ circa

Fotografia 6: il lavoro effettuato con un carico che permetta di esprimere la massima potenza può rivelarsi doppiamente utile, allenando sia gli agonisti in concentrico, che gli antagonisti in eccentrico.

4°mezzo di lavoro: elasticità: diversifichiamo il lavoro

Avere un complesso muscolo-tendineo elastico non significa solamente potenziare il gesto esplosivo e renderlo maggiormente economico, possedere delle buone caratteristiche elastiche vuol dire anche aver una maggior garanzia di salvaguardia delle strutture articolari e periarticolari (Bisciotti e coll., 2001; Bisciotti 2001). Balzi, andature elastiche, pliometria classica… sono tutte ottime esercitazione per allenare le caratteristiche elastiche del complesso muscolo-tendineo, tuttavia anche in quest’ambito, come d’altronde in senso metodologico generale, è buona norma diversificare l’allenamento, proprio perché la diversificazione permette di stimolare sotto diversi aspetti e con diverse modalità l’apparato muscolare e quindi di indurre processi adattivi più sostanziali. Anche gli esercizi con l’utilizzo di sovraccarichi si prestano ottimamente all’allenamento dell’elasticità muscolare, a condizione che vengano rispettate alcune condizioni. In primo luogo la scelta del carico che deve essere compreso tra il 30 ed il 35% del carico massimale, con questo tipo di sovraccarico infatti il muscolo riesce ad ottimizzare l’accumulo di energia elastica durante la fase eccentrica del movimento ed a restituirla in gran parte durante la successiva fase concentrica (Bisciotti, 2000). Quante ripetizioni eseguire? Anche in questo caso il lavoro andrebbe monitorizzato e le ripetizioni andrebbero interrotte non appena si scenda al di sotto del 90% della massima potenza ottenibile con il carico in questione, se questo non fosse possibile, varrà la solita regola adottabile anche nel caso dell’allenamento della potenza ossia: interrompere la serie nel momento in cui la velocità esecutiva scade vistosamente. Esercitazioni particolarmente interessanti in quest’ambito sono lo squat (sia _ che _), la pressa (sia orizzontale che a 45°) ma anche il leg curl od il leg extension. Lo schema riassuntivo quindi sarà:

Serie consigliate: 3-5
Carico: 30-35% del carico massimale
Ripetizioni: sino a quando si riesca a mantenere il 90% della massima potenza relativa al carico utilizzato se si lavora “monitorizzati”, sino a che non diminuisce vistosamente la velocità esecutiva in mancanza di monitorizzazione.
Recupero: 5’ circa.

I principi metodologici

    • Non eccedere con l’utilizzo del super-slow, che è in effetti una tecnica che “mortifica”, in un certo qual modo, le caratteristiche meccaniche della fibra veloce. In tutti i casi ricordiamoci sempre di inserire delle esercitazioni di tipo esplosivo per compensare questo tipo di lavoro. A questo proposito occorre un’attenzione particolare, dal momento che il super slow è comunque un allenamento lattacido, il richiamo esplosivo deve essere inteso veramente come tale (ossia senza esagerazioni) e non divenire una vera e propria seduta anaerobica alattacida, dal momento che far seguire un allenamento di questo tipo ad uno a connotazione lattacida, aumenterebbe il rischio di incidenti muscolari.
    • Ricordiamoci che effettuare un buon lavoro sul picco di potenza ci permette, sia di allenare gli agonisti su di un pattern di attivazione di tipo esplosivo, sia di condizionare in modalità eccentrica gli antagonisti. Da un punto di vista programmatico, il lavoro di potenza necessita di tempi di supercompensazione minori rispetto a metodologie come l’eccentrico e si presta quindi ad essere inserito anche più a ridosso degli impegni agonistici. Il lavoro di potenza inoltre, ovviamente se ben dosato e giustamente inserito, è molto interessante anche in periodo agonistico, come metodica di richiamo delle qualità di forza esplosiva.
    • Diversifichiamo il lavoro sull’elasticità muscolare, effettuando un giusto “melange” tra esercitazioni a carico corporeo come balzi, andature elastiche, pliometria… ed esercizi con sovraccarico. Le considerazioni riguardanti i tempi necessari alla supercompensazione ed il conseguente inserimento da un punto di vista programmatico, fatte per il lavoro di potenza, restano valide anche per ciò che riguarda il lavoro rivolto all’elasticità.
    • Come ultimo punto , ma non per ultimo, vorrei ricordare che questa metodologia di lavoro per poter essere “pagante” in termini di redditività, deve potersi adattare nel modo maggiormente preciso possibile alle caratteristiche neuro-muscolari dell’atleta. Per questo motivo, sia la scelta dei carichi di lavoro (carichi sovrastimati o sottostimati non produrranno gli adattamenti funzionali ricercati), sia la corretta esecuzione e motivazione dell’atleta risulteranno essenziali ai fini dei risultati. Vorrei ricordare ancora un punto, a mio parere essenziale, per ottenere un adattamento funzionale occorre che il sistema (in questo caso il sistema biologico muscolare) sia sollecitato con una certa frequenza ed intensità: chi sperasse di ottenere dei risultati concreti con solamente una decina di sedute di allenamento di questo tipo è certamente fuori strada!

Per chi volesse saperne di più….

Armstrong RB., Ogilvie RW., Schwane JA. Eccentric exercice induced injury to rat skeletal muscle. Journal of Applied Physiology. 54: 80-93, 1983.

Bisciotti GN., Bertocco R., Gaudino C., Iodice PP. Insulto traumatico e deficit elastico muscolare. Sport e Medicina. In corso di stampa.

Bisciotti GN. Cosa significa essere elastico? Il Nuovo Calcio. Giugno (107), 2001.

Bisciotti GN. A prova di strappo. In: I quaderni del Nuovo Calcio, Prevenzione cura e recupero degli infortuni (seconda parte). Maggio 2001.

Bisciotti GN. Come salvarsi dal terremoto. Il Nuovo Calcio. Aprile (106): 100-103, 2001.

Bisciotti GN. Teoria e Metodologia del Movimento Umano . Teknosporting Ed. , Ancona 2000.

Friden J., Sfakianos PN., Hargensen AR. Muscle soreness and intramuscular fluid pressure: comparison between eccentric and concentric load. Journal of Applied Physiology. 61: 2175:2179, 1986.

Newham DJ., Jones DA., Tolfree SEJ., Edwards RHT. Skeletal muscle damage: a study of isotope uptake, enzyme efflux and pain after stepping. European Journal of Applied Physiology. 55: 106-112, 1986.

Pincolini V. Infortuni muscolari dalla guarigione biologica alla rimessa in campo. In: I quaderni del Nuovo Calcio. Prevenzione cura e recupero degli infortuni (seconda parte). Maggio 2001

 

Gian Nicola Bisciotti
Dr. in scienze motorie

Le gambe e l’allenamento “Cybergenics”

Capita spesso di vedere uno squilibrio tra gli arti superiori e quelli inferiori e naturalmente risulta sempre meno sviluppata la parte inferiore.

Il problema è che le gambe crescono molto più lentamente degli arti superiori, e proprio per questo a volte si allenano male o non si allenano del tutto, tanto si pensa che con un paio di pantaloni si possa nascondere la disarmonia …..ma se vogliamo creare un equilibrio muscolare nel nostro corpo dobbiamo dedicarci anche alle gambe nonostante la loro lentezza nel reagire agli stimoli allenanti.

Il quadricipite è il più spesso di tutti i muscoli presenti nel corpo umano. Occupa tutta la parte anteriore della coscia, è suddiviso in quattro fasci muscolari denominati: vasto laterale, vasto mediale, vasto intermedio e retto femorale e si estende dall’articolazione dell’anca a quella del ginocchio. Lo sviluppo di questo muscolo comporta molta fatica, basta pensare allo sforzo fatto per sviluppare i bicipiti e moltiplicarlo per dieci; il quadricipite, infatti, è dieci volte più grande del bicipite.

Il training del quadricipite
L’allenamento per sviluppare il quadricipite comprende: squat e pressa, come esercizi base, leg extension, hack squat, affondi frontali e affondi laterali, come esercizi complementari. Questi esercizi sono tutti molto noti, ma eseguirli correttamente non è così scontato e costa veramente molta fatica.

Come si esegue correttamente lo squat e il leg extension
Lo squat va sempre eseguito mantenendo il ginocchio, in asse con i due segmenti ossei che lo delimitano (femore e tibia-perone). Quindi, durante l’esecuzione, bisogna controllare se la proiezione del bilanciere cade entro l’area compresa tra le caviglie. Nel caso non si riesca ad assumere la corretta posizione, sarebbe consigliabile non massacrarsi schiena e glutei, ma dedicarsi alla pressa, altrimenti in futuro si potrebbero verificare gravi problemi ai legamenti. Quando fate il leg extension, regolate la macchina in modo da ridurre la flessione e l’estensione massima della gamba.

Per rendere più intenso l’esercizio, non aumentate il carico, ma il numero delle ripetizioni. In questo modo eviterete di stressare troppo l’articolazione del ginocchio.

Qui sotto troverete una particolare proposta d’allenamento delle gambe redatta da Piero Nocerino (Professional BodyBuilder) adatta chiaramente ad atleti avanzati che vogliono sbloccare una fase di stallo della parte inferiore del corpo!

Allenamento delle gambe “Cybergenics”
L’allenamento delle gambe “Cybergenics” era così strutturato….Allenamento rigorosamente effettuato a digiuno da almeno 13 ore di starving da carbo.

Primo Blocco

    • Riscaldamento 2×15 alla leg extension
    • Superserie squat in stripping 12-12-12 togli il 30% del peso ad ogni scalata
    • Leg extension in stripping 12-12-12 max togli il 30% ad ogni scalata

Secondo blocco di strazio psicofisico….

    • Leg press serie da 15 reps
    • Superserie con sissy squat ad esaurimento
    • Subito dopo: balzi esplosivi verso l’ alto ad esaurimento

tutto questo per 4 o 5 triple-sets….

Dopo se siete ancora vivi

    • Bicipiti femorali: leg curl in superserie con stacchi a gambe tese 5 superserie alla morte
    • Polpacci 5×20 con blocco ematico alla fine di ogni serie rimanendo accovacciato sulle punte e riprendendo la serie subito dopo….mortale !!

tutto questo per 4 mega serie da 4 mini blocchi da 15 reps+ blocchi ematici.

    • Pasto successivo: solo proteine per non spezzare la biologia della secrezione del gh.


Dopo 2 ore finalmente carbo !

Piero Nocerino,
Professional Body Builder

Ergometria e sport (esercitazione alla leg extension)

Per spiegare questo elaborato non possiamo far passare inosservato il termine che dà il titolo a questo trattato: l’ergometria. L’ergometria è, appunto, quella disciplina che misura, quantitativamente, le variazioni energetiche e del rendimento fisico dell’uomo (in termini più spiccioli, il lavoro muscolare), avvalendosi dell’uso di uno strumento: l’ergometro (un dinamometro con cui si misura la potenza utile ad una macchina o del lavoro muscolare).

Il nostro obiettivo, conoscendo il lavoro delle forze muscolari in determinati esercizi fisici, è quello di elaborare gli stessi, facendo attenzione alla velocità d’esecuzione (molto importante e molto trascurata dato che si tende a porre l’attenzione solo sul carico da sollevare) ed ai carichi, per ottenere risultati utili in vari campi del movimento, dal puro potenziamento fisico, a scopi puramente medici, come quello della riabilitazione.

Per misurare esattamente il lavoro delle forze muscolari, si dovrebbe conoscere la forza esercitata da ogni singolo muscolo, con l’uso di dinamometri tra muscoli e i relativi punti d’inserzione. Quindi ricorreremo alla stima, per semplificazione, delle forze muscolari, usando il teorema LAVORO-ENERGIA.

Materiali e metodi

Per eseguire questa stima, prima di tutto, andiamo a vedere la variazione di energia potenziale determinata dal lavoro stesso:

L=(Uf – Ui)

Noi andremo a studiare la stima delle forze muscolari e del lavoro durante un esercizio eseguito su una macchina da fitness, la leg extension, ove viene coinvolta una sola articolazione, quella del ginocchio ed un ridotto distretto muscolare, il quadricipite. La leg extension è concepita in modo che all’escursione angolare della gamba venga sollevato un pacco pesi che, essendo collegato ad un paranco, ha il peso dimezzato. L’energia potenziale del pacco pesi è data quindi dalla forza peso per la variazione di quota:

L=(Uf – Ui)
=mg(hf – hi)

il lavoro è quindi la forza per lo spostamento: L=F*S

In realtà però non è così, in quanto non si sono considerati gli attriti dovuti alle carrucole e l’accelerazione applicata al pacco pesi mentre questo viene sollevato. Allora abbiamo applicato un dinamometro sulla corda di collegamento tra pacco pesi e braccetto mobile della macchina, registrando la forza misurata durante l’esecuzione lenta dell’esercizio; poi, coadiuvati da un filmato, abbiamo preso in considerazione due fotogrammi, uno nell’istante iniziale del sollevamento pesi, uno nel momento della massima estensione della gamba. Per ognuno abbiamo noti il valore della forza misurata dal dinamometro in quell’istante e l’escursione del pacco pesi su un riferimento metrico. Con la media dei due valori della forza e con l’escursione del pacco pesi si è potuta fare una stima più precisa del lavoro delle forze muscolari durante l’esercizio.

Per quanto riguarda la potenza: P = L/T

Con il valore del lavoro e i due istanti di tempo, ecco calcolata la potenza espressa durante l’esercizio. Infine, abbiamo stimato la forza muscolare del soggetto nei due istanti dell’esercizio, rappresentando la situazione sperimentale con due diagrammi del corpo rigido con asse fisso: uno per la descrizione della gamba con la cerniera ginocchio e uno per la descrizione del braccetto mobile con cerniera della macchina.

Risultati

Dati noti

  • pacco pesi: 15kg (di cui, effettivi, per la presenza del paranco, la metà, ossia 7,5 kg)
  • braccetto (peso): 8kg
  • istante di tempo T1 = 0,36 s
  • istante di tempo T2 = 0,80 s
  • istante I (forza misurata dal dinamometro): 112 N
  • istante II (forza misurata dal dinamometro): 75 N
  • escursione del pacco pesi: S = 0,306 m

Ricavare

  • Lavoro: ?
  • Potenza: ?
  • Forza muscolare: ?

Il lavoro può essere stimato in due modi:

1 lavoro: F*S = 93,5*0,306 = 28,6J

2 lavoro: mg*S = (15*9,8)*0,153 = 22,5J

Il primo valore, sperimentale, è quello che più si avvicina alla realtà; il secondo, teorico, invece non tiene conto degli attriti; la differenza tra questi valori corrisponde perciò al lavoro dovuto agli attriti:

28,6-22,5 = 6,1 J

La potenza corrisponde, abbiamo detto, al lavoro nell’intervallo di tempo:

Potenza= L/T —–> L/T2 – T1 —–> 28,6/0,44 = 65 N

Infine, calcoliamo la forza muscolare del soggetto. Del primo diagramma, relativo alla macchina, agiscono tre forze: la Fg (forza peso del braccetto applicata sul centro di massa del braccetto), la Fc (forza esercitata dal pacco pesi misurata dal dinamometro) e la Fs (forza di contatto tra il cuscinetto e la gamba); con Fg, Fc, e i relativi bracci, possiamo ricavare Fs.

Diagramma macchina

– Fg*dg + Fs*ds – Fc*dc = 0

I istante: -(9,8*8)*0,14 + Fs*0,338 – 112*0,46 = 0 —–> Fs = 184,8 N

II istante: -(9,8*8)*0,20 + Fs*0,338 – 75*0,45 = 0 —–> Fs = 146,2 N

Nel sistema della gamba possiamo notare tre forze: la Fp (forza peso della gamba e del piede, applicata sul centro di massa del sistema gamba/piede), la Fs (forza di contatto del cuscinetto già misurata nel diagramma della macchina), la Fm (forza muscolare); conoscendo le prime due forze (Fp,Fs) e i relativi bracci (misurati sulla figura) andiamo questa volta a ricavare la Fm.


Diagramma gamba

– Fp*dp – Fs*ds + Fm*dm = 0

I istante: (9,8*4,2)*0,112 – 184,8*0,3 + Fm*0,05 = 0 —–>Fm = 1200,8 N

II istante: (9,8*4,2)*0,21 – 146,2*0,3 + Fm*0,08 = 0 —–> Fm = 656,25 N


Conclusioni

Lavoro, potenza e forza muscolare : sono questi gli elementi che intendevamo analizzare. Nel corso di questa esercitazione abbiamo – per esempio – visto che la forza misurata dal dinamometro è diversa nei due istanti di tempo ed è maggiore all’inizio dell’esercizio (nell’istante I) perché, iniziando a sollevare il peso, il soggetto imprime una certa accelerazione sul braccetto (per questo il dinamometro registra una forza maggiore della forza peso del carico). Nell’istante II, con la massima estensione, possiamo considerare la gamba in una fase di stasi, che farà misurare al dinamometro un valore molto vicino alla forza peso del carico (valore misurato: 75 N; forza peso del carico: 15kg, ossia 147 N che, dimezzati dal paranco, sono: 73,5 N). Per stimare lavoro e potenza, abbiamo preso in considerazione la forza media tra i due istanti (93,5 N). La Fm, poi , è risultata maggiore nell’istante I rispetto all’istante II. Se consideriamo come è fatto il ginocchio umano, quando la gamba si distende, il tendine rotuleo (la direzione della Fm del quadricipite applicata alla gamba) si allontana dal centro di rotazione del ginocchio; per questo motivo, nella seconda foto, la Fm applicata alla tibia ha un braccio più lungo rispetto alla foto numero uno, cioè alla posizione di partenza.

Note: le immagini hanno solo la funzione di rappresentare schematicamente la teoria ergometrica, il soggetto nelle foto è Francesco Crisafulli, Personal Trainer e 2 volte campione Italiano F.I.P.C.F. CONI.

 

 
Cristina Mezzanotte
Dr.ssa in Scienze Motorie

Allenamento eccentrico e prevenzione dei danni muscolari

L’evento lesivo a livello muscolare, costituisce uno degli insulti traumatici più ricorrenti in ambito sportivo. L’entità della lesione può andare dal semplice stiramento, spesso associato a rottura dei piccoli vasi, con comparsa di dolore e tumefazione, sino allo strappo muscolare completo.

Le conseguenze per lo sportivo, che appaiono ovviamente correlate all’entità della lesione subita, sono sempre comunque sgradevoli e comportano sempre una sospensione, più o meno lunga, dell’attività agonistica e l’attuazione di un’ idonea terapia fisica.

Ma le lesioni muscolari possono essere correlate ad un particolare tipo di attivazione muscolare? Ed inoltre si possono mettere in atto delle strategie, per cosi dire “preventive” a riguardo?

Nelle poche righe che seguono cercheremo di rispondere, anche se non ovviamente in modo esaustivo, data la complessità del problema, a queste domande, cercando, oltre che di fare chiarezza sugli eventi fisiologici che normalmente caratterizzano l’evento traumatico, di fornire alcune indicazioni di ordine pratico per cercare di mettere in atto un condizionamento muscolare il più idoneo possibile alla prevenzione, entro ovviamente certi limiti, di questo tipo di traumi.

Danno strutturale e modalità di contrazione

Il danno strutturale della fibra muscolare può essere causato, sia da una singola contrazione muscolare, come dall’effetto cumulativo di una serie di contrazioni (Armstrong, e coll., 1991). In ogni caso, il meccanismo maggiormente correlato al possibile danneggiamento della fibra muscolare, risulterebbe essere la contrazione di tipo eccentrico (Armstrong, 1990; Garret, 1990). La ragione della maggior incidenza traumatica a livello muscolare, riscontrabile durante una situazione di contrazione eccentrica, è soprattutto imputabile alla maggior produzione di forza registrabile nel corso di quest’ultima, rispetto a quanto non avvenga nella modalità di attivazione di tipo concentrico od isometrico (Stauber, 1989; Garret, 1990). Infatti durante una contrazione eccentrica, effettuata alla velocità di 90° · s-1, la forza espressa dal distretto muscolare risulta essere di ben tre volte maggiore di quella espressa, alla stessa velocità, durante una contrazione concentrica (Middleton e coll., 1994). Inoltre, durante una contrazione eccentrica, risulta maggiore anche la forza prodotta dagli elementi passivi del tessuto connettivo del muscolo sottoposto ad allungamento (Elftman, 1966). Soprattutto in riferimento a quest’ultimo dato, occorre sottolineare come anche il fenomeno puramente meccanico dell’elongazione, possa giocare un ruolo importante nell’insorgenza dell’evento traumatico, visto che quest’ultimo può verificarsi, sia in un muscolo che si presenti attivo durante la fase di stiramento, come in un distretto muscolare che sia passivo durante la fase di elongazione (Garrett e coll., 1987). Durante la contrazione eccentrica il muscolo è in effetti sottoposto ad un fenomeno di “overstretching” che, in quanto tale, può determinare l’insorgenza di lesioni a livello dell’inserzione tendinea, della giunzione muscolo-tendinea, oppure a livello di una zona muscolare resa maggiormente fragile da un deficit di vascolarizzazione (Middleton e coll., 1994). E’ interessante notare come siano i muscoli pluarticolarii quelli maggiormente esposti ad insulti traumatici, proprio per il fatto di dover controllare, attraverso la contrazione eccentrica, il range articolare di due o più articolazioni (Brewer, 1960). Anche la diversa tipologia delle fibre muscolari presenta una differente incidenza di evento traumatico. Le fibre a contrazione rapida (FT), sono infatti maggiormente esposte a danni strutturali rispetto a quelle a contrazione lenta (ST), probabilmente a causa della loro maggior capacità contrattile, che si traduce in un’accresciuta produzione di forza, e di velocità di contrazione, rispetto alle fibre di tipo ST (Garret e coll., 1984; Friden e Lieber, 1992). Inoltre i muscoli che presentano un’alta percentuale di FT, sono generalmente più superficiali (Lexell e coll., 1983) e normalmente interessano due o più articolazioni, fattori entrambi predisponenti al danno strutturale (Brewer, 1960; Garret, 1990). Inoltre è interessante notare come l’insulto traumatico sia prevalentemente localizzato a livello della giunzione muscolo-tendinea, a testimonianza del fatto che in questa zona, come del resto nella porzione finale della fibra muscolare, si verifichi il maggior stress meccanico (Garrett, 1990; Garrett e coll., 1987; Lieber e coll., 1991). In ultimo occorre sottolineare il particolare aspetto metabolico connesso alla contrazione di tipo eccentrico. Durante la contrazione di tipo eccentrico, dal momento che la vascolarizzazione muscolare viene interrotta, il lavoro svolto è di tipo anaerobico, questo determina, sia un aumento della temperatura locale, che dell’acidosi, oltre ad una marcata anossia cellulare. Questi eventi metabolici si traducono in un’aumentata fragilità muscolare ed in una possibile necrosi cellulare, sia a livello muscolare, che del connettivo di sostegno (Middleton e coll., 1994).

 

L’allenamento eccentrico come metodologia di allenamento muscolare di tipo “preventivo”

Considerando quindi il fatto che il muscolo si presenta particolarmente vulnerabile nel momento in cui venga sottoposto ad una contrazione di tipo eccentrico, soprattutto quando quest’ultima sia di notevole entità, come nel caso di uno sprint, di un balzo o di comunque un gesto di tipo esplosivo, nasce l’esigenza di “condizionare” i distretti muscolari maggiormente a rischio con un tipo di lavoro consono a questa particolare esigenza. Si tratta quindi di agire secondo una metodologiche di lavoro di lavoro che comporti la ricerca dell’ instaurazione di un ambiente muscolare acido, condizione immediatamente seguita, senza soluzione di continuità, da una serie di contrazioni eccentriche rapide (definibili come eccentriche-flash) effettuate sull’atleta da un operatore, oppure da una contrazione eccentrica lenta e controllata (che potremmo definire come eccentrica-classica). L’acidosi muscolare può essere prodotta da una serie di scatti a velocità massimale , ancor meglio se effettuati su distanze relativamente brevi (20-30 metri) con arresto e cambio di direzioni immediati, in modo da ricalcare, nella biomeccanica di corsa, il più possibile il modello prestativo. In tal modo il condizionamento muscolare è orientato verso un progressivo adattamento nello sviluppare contrazioni eccentriche rapide ed intense in condizioni di forte acidosi e di marcata anossia cellulare. Questo tipo di lavoro, come riportato nell’esempio 1, si dimostra particolarmente interessante per il bicipite femorale. Per provocare una marcata acidosi locale, del bicipite femorale, è possibile indurre quest’ultima attraverso un esercitazione muscolare settoriale, come l’esercizio di leg curl, eseguito ad esaurimento muscolare completo, immediatamente seguito dall’esercitazione eccentrica, come descritto dall’esempio 2.

Un altro schema di lavoro interessante, sempre a carico del bicipite femorale, è costituito da una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’ausilio di bande elastiche, della durata di alcuni secondi, seguita da una serie di contrazioni eccentriche-flash (esempio 3) o da contrazioni eccentriche di tipo tradizionale (esempio 4). Ricordiamo che una serie eccentrica, definibile come di tipo “classico”, comporta l’utilizzo di un carico sovra-massimale (110%-120% del carico massimale) ed un numero di ripetizioni compreso tra 3 e 4, la fase eccentrica deve essere eseguita molto lentamente e naturalmente la fase concentrica deve essere effettuata grazie ad un aiuto esterno. Data la diversità della modalità di contrazione eccentrica tra il cosiddetto “eccentrico-flash” ed il metodo “eccentrico classico”, sarebbe buona norma adottare entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un condizionamento muscolare consono ad entrambi i pattern di attivazione. Lo stesso tipo di lavoro è proponibile anche per il quadricipite femorale (esempio 5), in questo caso dopo una serie di skip con resistenza elastica, viene eseguita una serie di “eccentrico classico” al leg extension, oppure di contrazioni eccentriche “flash” (esempio 6). Questi esempi esercitativi, che naturalmente posso essere integrati o modificati, sempre restando in quest’ottica metodologica, possono quindi costituire sia un egregio lavoro di tipo preventivo nei confronti dei possibili danni muscolari, sia, ovviamente con i dovuti adattamenti, fornire una solida base di condizionamento muscolare per ciò che riguarda i piani di lavoro riabilitativo susseguenti ad eventi traumatici a livello muscolare.

 

Che cosa è la contrazione eccentrica…

La contrazione di tipo eccentrico è un particolare tipo di attivazione muscolare durante il quale il muscolo produce forza, anziché accorciandosi come durante il lavoro concentrico, allungandosi. Per spiegare in termini pratici questo concetto di meccanica muscolare, immaginiamo di tenere in mano con il braccio piegato a 90°, un manubrio il cui peso sia molto maggiore rispetto alla massima forza esprimibile dal mio bicipite, poniamo 60 kg. In questo caso, nonostante ogni sforzo, non posso certamente flettere il braccio e portare il manubrio verso la spalla, abbiamo appena detto che il suo peso è maggiore della mia forza, anzi il mio braccio si distenderà verso il basso, proprio in virtù del grosso carico che tengo in mano. L’unica cosa che sono in grado di fare in questa situazione, è cercare di rallentare al massimo la caduta del carico, grazie appunto ad una contrazione eccentrica del mio bicipite. In questa condizione il mio muscolo funziona come un vero e proprio “freno”, più riuscirò a rallentare la caduta del peso, maggiore sarà la forza di tipo eccentrico espressa.

Figura 1: La modalità di contrazione concentrica (riquadro di sinistra), prevede l’accorciamento del ventre muscolare, mentre quella eccentrica (riquadro di destra), vede il muscolo allungarsi.

 

Esempio 1: L’esercitazione è complessivamente composta una serie di 5 scatti a velocità massimale effettuati su di una distanza breve(20 metri), con arresto e cambiamento di direzione, effettuati senza soluzione di continuità, abbinati ad una serie di “contrazioni flash” (10 —15 ripetizioni per gamba) a carico del bicipite femorale.

 

Esempio 2 : Per provocare una marcata acidosi locale, del bicipite femorale, è possibile effettuare un esercitazione muscolare settoriale, come il leg curl, eseguito ad esaurimento muscolare completo (65-70% del carico massimale per 12-10 RM), immediatamente seguito da una serie di “contrazioni flash” (10 —15 ripetizioni per gamba).

 

Esempio 3: Un altro schema di lavoro a carico del bicipite femorale, può prevedere una serie di corsa calciata, eseguita ad alta intensità, con l’ausilio di bande elastiche, della durata compresa tra i 20 ed i 30 ‘’, immediatamente seguita da una serie di contrazioni eccentriche-flash (10 —15 ripetizioni per gamba).

 

Esempio 4: Lo stesso schema di lavoro dell’esempio precedente, nel quale però l’eccentrico “flash” è stato sostituito dall’eccentrico “classico” (carico pari al 120% del massimale, 3- 4 ripetizioni eseguite il più lentamente possibile). E’ sempre buona norma adottare entrambi questi tipi di lavoro, al fine di ottenere un condizionamento muscolare consono ad entrambi i pattern di attivazione.

 

Esempio 5: Lo stesso tipo di lavoro per il quadricipite femorale, in questo caso dopo una serie di skip con resistenza elastica della durata di 20-30’’ viene eseguita una serie di eccentrico “classico” al leg extension. (carico pari al 120% del massimale, 3- 4 ripetizioni eseguite il più lentamente possibile).

 

Esempio 6: Esercitazione simile alla precedente dove però,dopo una serie di skip con resistenza elastica sempre della durata di 20-30’’, viene eseguita una serie di eccentrico “flash” (10 —15 ripetizioni per gamba). Anche nel caso del quadricipite femorale è sempre consigliabile adottare entrambe le modalità di contrazione eccentrica (classica e flash).

 

Nota: In tutti gli schemi di lavoro sopra illustrati, il numero di serie consigliabile oscilla tra 3 e 6. Il tempo di recupero deve essere relativamente importante (dell’ordine di 3-4’ , all’occorrenza anche oltre) per poter permettere all’atleta di effettuare le serie successive ad un’alta intensità di lavoro, condizione essenziale per poter indurre un’apprezzabile acidosi muscolare.

 

Per chi volesse saperne di più…

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 Gian Nicola Bisciotti
Dr. in Scienze Motorie